Una vera e propria riformulazione del concetto di sanità locale, sempre più vicina a casa, accessibile e integrata
Dopo una fase di sperimentazione nell’Alta Valmarecchia, il progetto sta prendendo forma in tutto il riminese.
Gli infermieri, in particolare, operano a stretto contatto con i medici di base e i pediatri, offrendo sia cure che attività di prevenzione, in un’ottica di interdisciplinarità e integrazione degli interventi socioassistenziali. Nello specifico, aiutano a evitare l’insorgere di riacutizzazioni di malattie grazie a controlli e screening sanitari, forniscono cure a domicilio per chi ha difficoltà a spostarsi, collaborano con la medicina generale per gestire malattie croniche e situazione a rischio e, allo stesso tempo, si occupano di educare la cittadinanza su come mantenersi in salute con corretti stili di vita oltre che essere una figura fondamentale nell'orientamento sui servizi esistenti.
Ogni infermiere opera nelle cosiddette ‘microzone’, le stesse dei nodi territoriali, così da creare un punto di riferimento chiaro e vicino per i cittadini. L'obiettivo, infatti, è quello di ridurre il numero di ricoveri evitabili e migliorare la qualità della vita delle persone, portando le cure direttamente nelle case dei pazienti, sulla linea di quella visione su cui l’amministrazione comunale, in sinergia con l’Ausl Romagna, il Distretto di Rimini e l’Università di Bologna sta riorganizzando il sistema sanitario locale.
“Gli Infermieri di Famiglia e Comunità rappresentano un baluardo del percorso di territorializzazione dell’assistenza sociosanitaria che Rimini, soprattutto dopo la pandemia, ha iniziato a tracciare la sua nuova rotta sanitaria – spiega l’assessore alle politiche per la salute del comune di Rimini, Kristian Gianfreda -. Quello che stiamo portando avanti è una vera e propria riformulazione del concetto di sanità locale, che mira a essere sempre più vicina a casa, accessibile e integrata. Un esempio è rappresentato anche dalle nuove infrastrutture su cui si sta lavorando, a cominciare dai Nodi Territoriali e dalle Case di Comunità, che seguono un modello che superano il concetto di sanità ‘ospedale-centrica’ puntando su una rete diffusa di servizi”.
E ancora: “La sanità è una delle priorità della nostra agenda politica. Sappiamo che la sfida principale non è solo garantire servizi efficienti, ma anche combattere le liste d’attesa e migliorare l’accesso alle cure. Per questo, guardiamo con interesse anche a esperienze innovative come quella del Piemonte, dove gli ambulatori restano aperti nei festivi e in orari serali per ridurre i tempi di attesa. È una pratica che potrebbe essere replicata anche qui, per rispondere meglio ai bisogni dei cittadini, con una modalità di lavoro dinamica e flessibile. Tuttavia, è chiaro che non possiamo fermarci all’innovazione organizzativa. Soprattutto come territori, abbiamo un margine di manovra che resta limitato. È indispensabile che il Governo intervenga con un progetto strutturale e a lungo termine per irrobustire gli organici e aumentare i salari di medici, infermieri e operatori sanitari. Oggi il problema non è solo la carenza di personale, ma il fatto che troppi professionisti stanno abbandonando il pubblico perché sottopagati e sovraccarichi di lavoro. Se non invertiamo questa tendenza, la qualità del servizio pubblico rischia di peggiorare, lasciando spazio a un sistema sempre più sbilanciato a favore del settore privato. Non possiamo permetterci che la sanità diventi un lusso accessibile solo a chi può permetterselo”.