Silvia Bre e Alessandro Ceni ospiti del prossimo appuntamento di "Nemesis"

“Nemesis”, il ciclo di incontri pensato dal quotidiano culturale on line “Pangea” e realizzato con la partecipazione di Comune di Rimini e Fondazione Carim ha l’ambizione di diventare una sorta di seminario permanente, nei mesi di settembre e ottobre, in cui la cittadinanza possa dialogare con i protagonisti della cultura italiana.
Data di pubblicazione

Dopo gli incontri con la cantautrice (Maria Antonietta) e il filosofo (Franco Rella), “Nemesis” ospita i poeti. Silvia Bre e Alessandro Ceni sono riconosciuti tra i grandi poeti italiani di oggi, tra i grandi traduttori. Proprio a motivo della loro competenza, il dialogo verterà sull’opera dei due poeti americani più importanti di ogni tempo: Walt Whitman, a 200 anni dalla nascita (Ceni ha tradotto Foglie d’erba per Feltrinelli) e Emily Dickinson, di cui Silvia Bre è eccezionale interprete (ha antologizzato l’opera della Dickinson in tre libri, l’ultimo uscito quest’anno per Einaudi).

L’incontro, ad accesso libero, è a Palazzo Buonadrata in Rimini, venerdì 27 settembre, alle ore 17,30.

Silvia Bre è poeta. Tra i suoi libri, editi da Einaudi, ricordiamo “Le barricate misteriose”, “Marmo” e “La fine di quest’arte”. Per Einaudi, Silvia Bre ha pubblicato tre libri di traduzioni che antologizzano alcune poesie di Emily Dickinson: “Centoquattro poesie” (2011), “Uno zero più ampio: altre cento poesie” (2013), “Questa parola fidata. Terza centuria” (2019).

Alessandro Ceni è poeta. Tra i suoi libri ricordiamo “I fiumi”, “La natura delle cose”, “Mattoni per l’altare di fuoco” e il recente “77”. Ha tradotto, tra gli altri, per i massimi editori italiani, Edgar Allan Poe e Coleridge, Oscar Wilde e Robert Louis Stevenson, Joseph Conrad, Melville, Lawrence. Per Feltrinelli ha tradotto “Foglie d’erba” di Walt Whitman.

Gli incontri “Nemesis” sono realizzati con la collaborazione di Sky Arte, Fusp Fondazione Unicampus San Pellegrino, Terre di Grabo.

Da una intervista a Silvia Bre pubblicata su “Pangea”: “Ho tradotto a quattordici anni la prima poesia di Emily Dickinson letta in vita mia. Ero a Riccione, era trascritta a mano sul quaderno di una babysitter inglese. Era la 160, Just lost, when I was saved!, che poi è entrata nei miei primi libri, I riposi, e Le barricate misteriose. Così, insensatamente, una traduzione in mezzo ai miei versi. Finisce con un roteare cosmico che ingoia tutto, lasciando solo l’idea di che cos’è la poesia. Poi, tanta lettura, e, lentamente, l’acquisizione del suo universo, l’inquisizione alla quale Emily sottopone la vita, la mente, la natura, e la morte. Come un soldato, come una scienziata, una visionaria che si attrezza come può per dare forma a qualcosa che solo lei vede molto bene, qualcosa che è anche la sua stessa forma. Grande scuola. Decidere di tradurla è stato facile, e farlo non mi è mai sembrato difficile. Se si coglie il senso della sua astuzia poetica, la scelta radicale di mettere la Possibilità al posto del mondo, e l’Assenza al posto della presenza, accettando il prezzo che quel taglio netto comporta, si comprende che cos’è l’Altro con il quale lei intrattiene il suo furioso dialogo poetico, e che quello è il solo modo per lei di non farlo scomparire, di mantenere al suo fianco quella alterità scabrosa. Si comprendono la violenza sprigionata dal suo rapporto diretto con l’assoluto dell’anima – la grande ammutinata –, la dismisura che segna tutta la sua percezione, le estasi e i baratri che frequenta, e che lei cerca di domare con le parole”.

Per informazioni: www.pangea.news

 

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Ultimo aggiornamento

15/05/2023, 16:38