Sabato 26 novembre torna “è per te” la camminata per le vie del centro contro la violenza alle donne

L’intervista ad Amelia Procopio dell’ “Ufficio minori e vittime vulnerabili" della Questura di Rimini.

Data di pubblicazione

Sabato 26 novembre torna “è per te” la camminata per le vie del centro contro la violenza alle donne. A Rimini sono tante le realtà che contribuiscono, ogni giorno, al sostegno alle donne vittime di violenza. Tra queste, anche la Polizia di Stato, come ci ricorda con la sua testimonianza diretta Amelia Procopio,  Sostituto Commissario  e coordinatrice dell’  "Ufficio minori e vittime vulnerabili" della Questura di Rimini”.

Un insulto, una minaccia, uno schiaffo. Se una donna viene in commissariato a raccontare questi episodi, cosa succede? 

«Viene accolta nell’Ufficio minori e vittime vulnerabili, dove insieme a me lavora personale specializzato in materia di violenza di genere, tutte donne. Una volta dentro, si trova finalmente in un ambiente sicuro, dove potersi sentire libera di parlare, senza sentirsi giudicata. La prima preoccupazione sono sempre i figli, poi il timore di poter essere uccise. Creare questo clima di fiducia è fondamentale per il passaggio successivo, che è quello di entrare in empatia e cercare di capire cosa provano loro;  la donna che viene da noi deve potersi fidare di me, perché solo se si sentirà accolta e a suo agio si sentirà libera di esprimersi. Di fronte a se ha si una donna in divisa, una poliziotta, ma anche una moglie ed una madre, e questo viene percepito. Spesso la prima cosa che fanno è piangere, da li poi iniziano a raccontare. Da noi non si rivolgono però solo vittime di maltrattamenti, a volte chi viene lo fa per confrontarsi, chiedere  informazioni e raccontare episodi, e per molte è liberatorio già così».

E per i casi più gravi? 

«A seconda della gravita e del contesto sociale in cui vivono e maturano gli episodi, consigliamo di formalizzare o  una denuncia o una istanza di ammonimento. Da quel momento in poi la vittima non è più sola e viene monitorata regolarmente, si crea un filo diretto in cui periodicamente entriamo in contatto. Sta a noi valutare la gravità;  se, ad esempio,  decidiamo di attivare la protezione, inizia subito un determinato iter, contattando le associazioni e i centri antiviolenza.  Siamo sempre noi che diamo consigli e informazioni sia per il supporto psicologico sia per quello legale. Spieghiamo nei dettagli l’iter procedurale che segue una denuncia o un ammonimento, il percorso  a cui vanno incontro.  A volte invece si tratta di situazioni meno nette, che richiedono più incontri per trovare le soluzioni migliori».

Che rapporto si crea con le donne che si rivolgono a voi? 

«Dipende ovviamente dai casi, ma il rapporto che si crea con queste donne è forte, ed una delle soddisfazioni più grandi e quando, a distanza di tempo, passano o ci contattano per ringraziarci, questo da un senso al lavoro difficile che facciamo».

Ne ricorda uno in particolare? 

«Di ognuna ho un ricordo ma, visto che ci accingiamo alla giornata della camminata di sabato, mi viene in mente un caso avvenuto proprio in una edizione di “è per te” di qualche anno fa. Ero presente alla camminata, insieme ai miei colleghi ,con il gazebo informativo della Polizia in piazza Tre Martiri. Improvvisamente una donna mi si avvicina e mi accompagna sottobraccio in un angolo appartato, chiedendomi aiuto. Si era trasferita da poco a Rimini con bue bimbi piccoli e un marito violento. Le diedi un appuntamento in Questura per il giorno successivo e da lì iniziammo un percorso di protezione. Mi chiedo spesso cosa sarebbe potuto succedere a questa donna se non ci avesse incontrato in strada, se avesse avuto il coraggio di entrare ugualmente nei nostri uffici. Per questo è importante esserci, per questo è importante, come stiamo facendo anche a Rimini, sviluppare azioni di Polizia di prossimità e lavorare sulla prevenzione».

A proposito di prevenzione, il suo ufficio si occupa anche di formazione con i più giovani, nelle scuole e con le associazioni. 

«Bullismo, cyber bullismo, ma anche stalking, sono tutti aspetti di cui parliamo insieme ai ragazzi delle scuole medie e superiori ma anche nelle associazioni, come recentemente avvenuto con gli Scout. La violenza è anche e soprattutto un fenomeno culturale e per questo è importante affrontare questo tema già dalle medie. Ci soffermiamo sull’importanza del rispetto e il riconoscimento delle differenze. I ragazzi sono molto attenti, fanno molte domande, con le ragazze ci soffermiamo sull’importanza della stima di se e l’attenzione al proprio corpo. Ci soffermiamo su casi pratici, parlando ad esempio di “Revenge porn”, introdotto recentemente come reato attraverso il cosiddetto “Codice rosso”, commentandoli insieme. Sono molte le domande, anche di tipo giuridico, e c’è molta attenzione anche al tema della violenza verbale, delle parolacce o allusioni a sfondo sessista».

Qual è il suo vissuto personale di donna in divisa, in prima linea contro la violenza di genere? 

«Non è semplice, ma è un lavoro che ho scelto. Dopo la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione alla professione, ho scelto la carriera nella Polizia con l’intenzione di occuparmi proprio di queste vittime. Poi tanti corsi specialistici, anche per potenziare le nozioni psicologiche, la capacità di creare empatia e sviluppare l’ascolto e la comprensione. Ho la divisa, certo, ma sono anche moglie e madre e non nascondo che a volte, la sera, prima di addormentarmi, il mio pensiero vada proprio alle donne incontrate  in ufficio».

AMELIA PROCOPIO

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Ultimo aggiornamento

25/11/2024, 00:10