Rimini nella storia, tra Occidente e Oriente

Data di pubblicazione
Pubblichiamo qui di seguito la sintesi della relazione tenuta dall’Assessore alla Pubblica Istruzione e Università del Comune di Rimini, Arrigo Albini, all’inaugurazione della Summer School 2005. Il titolo dell’intervento è: Il Mare Adriatico e l’Europa Orientale Relazioni storico- culturali e prospettive di sviluppo Rimini fin dalle sue origini ha avuto saldi legami economici e culturali con l’altra sponda dell’Adriatico anche perché in quei secoli le ‘vie di mare’ di fatto erano più facilmente percorribili che non le ‘vie di terra’. A dimostrazione di questo, i due maggiori monumenti dell’età romana nella nostra città, l’Arco d’Augusto e il ponte di Tiberio, sono ricoperti in pietra d’Istria. Fra le popolazioni dalmate si diffuse rapidamente la fede cristiana che subì però feroci persecuzioni da parte degli imperatori romani, tanto da costringere molti a rifugiarsi sulla costa adriatica. Fra questi due scalpellini, lavoratori della pietra, Marino e Leone che trovarono nelle rupi disabitate dell’entroterra riminese luoghi isolati dove nascondersi e dando poi vita- come vuole la tradizione- il primo a San Marino (la più antica repubblica del mondo) e il secondo a San Leo che con Berengario II, dal 962 al 964, assunse il titolo di ‘Capitale d’Italia’. Nel Rinascimento una notevole influenza sulla cultura del territorio riminese l’ebbe il filosofo greco Giorgio Gemisto, detto il Pletone, sapiente onorato e ammirato, tanto da essere invitato al Concilio di Firenze del 1438- 39. Le sue teorie, basate su un’immagine di un mondo perfetto sotto il dominio di un sapere occulto, riservato agli iniziati di una nuova religione che avrebbe armonizzato nella pace universale Cristianesimo e Islam, divinità dell’Olimpo, della Persia e dell’India, le filosofie di Platone e quelle di Pitagora, influenzarono profondamente il signore di Rimini Sigismondo Pandolfo Malatesta tanto da spingerlo alla ‘inaudita audacia’ di rivestire la chiesa di San Francesco con un involucro e un interno che a metà del ‘400 apparve a tutti pagano e sacrilego, dove pianeti e muse sostituivano i santi. La forte passione di Sigismondo per le teorie del filosofo (morto intorno al 1455) lo portò a trafugare le sue spoglie dalla città di Mistras (la vecchia Sparta) nel 1464, durante una sua campagna di guerra contro i turchi, e inumarle in uno dei sarcofagi collocati nei fianchi esterni del Tempio Malatestiano, vicino ad illustri esponenti della cultura e delle scienze di allora. “Dormon l’itali e i greci lungo i grandi fianchi del tempio dove le caste Parche sospesero marmoree ghirlande” E’ Gabriele D’Annunzio che scrisse questi versi tratti dal sonetto ‘La città morta’. Ma quale interesse aveva il poeta per Rimini? Nessuno. Il suo interesse era Eleonora Duse, a Rimini nelle estati di quegli anni a fare ‘bagni di sole, di sabbia e di mare’. Il suo soggiorno nella città, immagino, lo abbia poi spinto anche a conoscerne i monumenti e abbia poi trovato spunto per la sua ispirazione dall’intrigante intreccio artistico e filosofico che si manifesta attraverso pregevoli opere di Agostino di Duccio e Matteo de’ Pasti che si possono ammirare nel Tempio malatestiano.'

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Ultimo aggiornamento

15/05/2023, 17:14