Un risultato che nasce dalla strada, dai controlli su cui quotidianamente sono impegnati Polizia municipale, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, ma che non si è fermato allapplicazione dellordinanza o del regolamento comunale.
Questa volta non sono stati colpiti solo gli anelli terminali, le ragazze che esercitano la prostituzione in strada e i loro clienti, ma, risalendo la filiera che sfrutta e governa il fenomeno della prostituzione, si è messo in condizione il magistrato di emettere il sequestro preventivo della dependance di un Hotel di Miramare e di disporre gli arresti domiciliari per il titolare e il portiere dellalbergo per il reato di tolleranza e favoreggiamento della prostituzione.
Grazie allazione di Polizia municipale e Guardia di Finanza, cioè, oggi abbiamo colpito quella rete di connivenza, quelle mele marce dalla camicia bianca che coprono, permettono e lucrano sullo sfruttamento della ragazze in strada.
Un risultato dovuto a quella strategia condivisa messa in campo dal Comitato per lOrdine e la Sicurezza coordinato dalla Prefettura, che per crescere ha bisogno dellimpegno e della collaborazione di tutte le parti della città, dai semplici cittadini alle categorie economiche, per continuare in questa lotta allo sfruttamento della prostituzione su cui questa Amministrazione comunale è pienamente impegnata.
Allalba di oggi, in unoperazione volta a contrastare la tolleranza della prostituzione allinterno delle strutture alberghiere, la Guardia di Finanza congiuntamente alla Polizia Municipale di Rimini ha dato esecuzione ad un provvedimento cautelare personale e reale emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dr.ssa Sonia Pasini, con il quale sono stati posti agli arresti domiciliari il titolare di un hotel di Miramare (Rimini) e il portiere dellattigua dependance, che è stata sottoposta a sequestro preventivo finalizzato alla confisca (valore oltre 600 mila euro).
Il provvedimento giunge a conclusione di una complessa indagine che si colloca allinterno di una più ampia strategia di contrasto allo sfruttamento della prostituzione elaborata e condivisa da tutti gli Enti istituzionali impegnati a fronteggiare il fenomeno, tra cui il Comune di Rimini. In particolare, nellambito delle linee strategiche tracciate in sede di Comitato per lOrdine e la Sicurezza Pubblica, è stata avviata unattività info-investigativa finalizzata ad individuare le strutture ricettive allinterno delle quali viene abitualmente tollerata e favorita la prostituzione.
Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore dott. Marino Cerioni, permettevano di individuare e identificare alcune giovani cittadine rumene che abitualmente, dopo aver adescato i propri clienti per strada, si recavano allinterno dellimmobile oggi sequestrato per consumare la prestazione sessuale.
Il controllo effettuato nello scorso mese di maggio, finalizzato a rilevare la regolarità amministrativa e fiscale della struttura ricettiva, le attività di osservazione, pedinamento e controllo eseguite da finanzieri e agenti della Polizia Municipale e le informazioni assunte dai clienti e dalle prostitute hanno consentito di accertare che il custode della dependance e il gestore dellhotel erano perfettamente a conoscenza della continuativa attività di meretricio posta in essere. E stato appurato, infatti, che limmobile era destinato esclusivamente ad ospitare prostitute e che il sistema di videosorveglianza a circuito chiuso permetteva di controllarne lattività. Ovviamente, per tutelare al massimo la riservatezza delle donne e soprattutto dei loro clienti, la dependance non era denunciata come struttura di ricezione. In tal modo veniva bypassata anche la previsione normativa sullobbligo di comunicazione alla Questura degli alloggiati (ora prevista per via telematica).
Gli indagati, T.D., ucraino di 40 anni e B.U., riminese di 74 anni, dovranno rispondere del reato di tolleranza e favoreggiamento della prostituzione allinterno di una struttura alberghiera, previsto dallart. 3 della legge 75/1958 (la cosiddetta legge Merlin), oltre che dei reati previsti dal Codice in materia di protezione dei dati personali per aver installato le telecamere senza alcuna misura volta a garantire la privacy dei soggetti ripresi.