Al centro del confronto in particolare l’utilizzo delle risorse che derivano dall’imposta, “e Rimini - ha dichiarato l’assessore Brasini - è riconosciuta come città capoluogo dove le risorse non vengono dirottate per colmare i buchi di bilancio ma, come dovrebbe essere per la natura stessa dell’imposta, per tutti quegli interventi di riqualificazione e di sostegno ad iniziative che incentivino il turismo”. “Applicare l’imposta non è stata una scelta indolore, ma se a Rimini il sistema ha finora retto in maniera efficace è stato grazie all’individuazione, anche insieme anche alle categorie, di obiettivi condivisi da raggiungere attraverso i proventi dell’imposta. Oggi, categorie, cittadini e turisti possono vedere i primi risultati concreti, a partire dai cantieri aperti per il risanamento del sistema fognario e più in generale per la riqualificazione della città. Una mole di investimenti corposa e necessaria al mantenimento della concorrenzialità del territorio, che i proventi dell’imposta di soggiorno concorrono a rendere possibile”.
Sia l’assessore Brasini sia la presidente di Aia Rimini Patrizia Rinaldis hanno poi sottolineato il paradosso per cui Rimini, “insieme a Firenze, risulta essere la più penalizzata dall’applicazione dell’Imu, imposta municipale unica che di municipale ha ben poco – evidenzia Brasini – in considerazione del grande numero di strutture alberghiere (immobili categoria D). E’ un caso limite per cui il Comune versa di più di quanto riceve”. Anche in quest’ottica è da “scongiurare l’ipotesi, ventilata da più parti nell’ultimo periodo, di ‘centralizzare’ a livello statale parte dei proventi dell’imposta di soggiorno, con il risultato che si verrebbe ancora una volta a togliere un’importante entrata per le realtà turistiche come la nostra a vantaggi, magari, un generico calderone nazionale di relativa o nulla efficacia per i territori”.