Tra il 24 febbraio e il 30 aprile 2020 l'impatto economico del lockdown sul settore cultura in Emilia-Romagna è di quasi 45 milioni di euro di entrate mancate e costi non recuperabili. E’ quanto emerge dall’indagine promossa dalla Regione Emilia Romagna e diretta agli operatori del comparto culturale del territorio per rilevare le difficoltà che stanno affrontando in seguito alle misure di chiusura adottate a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. La rilevazione è stata suddivisa in due fasi (24 febbraio-31 marzo e aprile) e ha restituito una fotografia complessiva degli effetti del Covid su un settore fondamentale del Paese e particolarmente attivo in Emilia Romagna. Dall’indagine emerge come il settore più penalizzato dal punto di vista economico sia quello dello spettacolo, con 15 milioni di euro di perdite. La rilevazione poi segna perdite di 4,6 milioni per i musei, 860 mila euro per eventi e mostre, 536 mila euro per organizzatori di festival e rassegne culturali, 308 mila euro per erogatori di servizi, 18 mila euro per biblioteche e archivi, 518 mila per imprese individuali/freelance. Inoltre si hanno perdite per 9,5 milioni per l'annullamento di mostre, un milione di euro di perdite per gli operatori nazionali con sedi in Emilia-Romagna e 12,3 milioni di euro di mancati incassi nelle sale cinematografiche.
Anche a Rimini il lockdown si è tradotto in almeno una trentina di spettacoli teatrali, musicali, operistici e di danza saltati, la mostra Fellini 100 chiusa forzatamente in anticipo, musei e biblioteche serrate, con conseguenti perdite in termini di introiti e soprattutto con tanti lavoratori dello spettacolo lasciati in stand-by.
“Numeri che seppur nella loro parzialità danno bene l’idea di cosa abbia significato il lockdown per il settore culturale, per gli operatori e le maestranze – commenta l’assessore alla cultura del Comune di Rimini Giampiero Piscaglia – Un colpo non solo per le istituzioni culturali, ma per il sistema nel suo complesso. Alle perdite legate agli eventi, alla chiusura delle mostre, del museo e del teatro, si aggiungono quelle che hanno investito tutti i soggetti che lavorano nei diversi comparti dell’offerta culturale. Senza dimenticare tutte le attività dell’indotto che concorrono alla realizzazione delle manifestazioni culturali, dalla stampa dei materiali, all’ospitalità, ai trasporti, alla promozione, ai noleggi e così via.
Una perdita pesante per il sistema culturale, che vive del talento, esperienza, capacità dei suoi addetti ai lavori e maestranze. In questi mesi, anche attraverso la pressione delle istituzioni culturali e dei Comuni, si è lavorato con il Mibact per ampliare le garanzie dei lavoratori di un settore che storicamente è sempre stato scoperto e privo di una rete di supporto. Il Mibact si è mosso in questa direzione a varie riprese, allargando la protezione anche ai lavoratori completamente precari, così come anche nell’ultimo dl agosto appena annunciato, che contiene misure che se saranno confermate prevedono la proroga della cassa integrazione e contribuiti per i lavoratori autonomi e ai lavoratori intermittenti dello spettacolo, oltre all’implementazione dei diversi fondi. Qualcosa dunque si muove, seppur è ancora insufficiente. Da parte nostra, abbiamo provato a rispondere appena è stato possibile, cercando di far ripartire la ‘macchina culturale’ valorizzando i nostri artisti e i nostri lavoratori, grazie al progetto ‘E la chiamano Rimini’ che nasce proprio per portare alla ribalta le centinaia di artisti e maestranze che animano la vita culturale della nostra città. Siamo ripartiti dalla nostra identità, portando i nostri talenti sui palcoscenici diffusi, e la risposta è stata emotivamente coinvolgente, ricreando uno spirito di comunità tra gli artisti e con le istituzioni culturali di cui si avvertiva un bisogno vitale. Oggi siamo al lavoro per organizzare tra non poche difficoltà una piena ripartenza delle stagioni teatrali, concertistiche e delle sedi espositive, monitorando costantemente le indicazioni che arrivano da Roma, consapevoli che l’offerta culturale e di spettacoli dal vivo e negli spazi museali è essenziale per la comunità e anche per l’economia del territorio”.