Lo ha espresso il presidente di Anci, Antonio Decaro, mettendo in rilievo alcune criticità: i 100 milioni di euro mancanti che spettano ai 1800 Comuni per un errore di calcolo nel passaggio dall’IMU alla Tasi e il non riconoscimento dei 560 milioni di euro relativi al taglio del decreto legge 66 sul fondo di solidarietà comunale, scaduto nel 2018. In generale, si è in presenza di un progressivo danno alla manovrabilità di governo degli enti locali, sempre più affannati nel mantenere un adeguato livello di investimenti con un welfare che complessivamente esce molto ammaccato da questa manovra finanziaria. Lo dico da sindaco, come altri. Che guardano alla sostanza e ai fatti e alle risorse concreti per le loro città. Niente politica. E il problema è proprio qui. Le cose buone per i comuni sono quelle normali, scontate, tipo restituire i soldi (e non tutti!) che già erano loro. Come per il Bando Periferie. Anche con questo che doveva essere il governo del federalismo, del cambiamento, dei territori al centro. Prosegue con questa manovra la considerazione che chiunque vada al governo a Roma, oramai ha: “i Comuni sono il sacco delle botte.”
Voglio però sottolineare un aspetto che, anche se passato in second’ordine in queste settimane, potrebbe avere un impatto enorme sui Comuni. Nella legge di bilancio, evidentemente per fare cassa, è stato inserito un ghiotto incentivo nella norma (già vista in passato) di vendita dei beni statali e demaniali: cambi di destinazione d’uso alle pianificazioni comunali vigenti. La norma darà la possibilità a chi acquista immobili pubblici di cambiarne la destinazione d’uso utilizzando procedure rapide, come le autocertificazioni. Così in un centro storico sarà semplice convertire gli edifici dismessi dallo stato in uffici, hotel o supermercati, al di fuori di prg, psc, rue, ogni pianificazione stabilita. Ai Comuni viene ‘riconosciuta una percentuale’ tra il 5 e il 15 per cento della valorizzazione. Questa misura, se applicata, stravolgerà completamente la forma e il futuro dei territori. Facciamo un esempio su Rimini: la caserma Giulio Cesare, su via Flaminia, viene ‘valorizzata’ dallo Stato attraverso un acquirente che può trasformarla in un centro commerciale o in un residenziale da 150 appartamenti. Lo stesso per Villaggio Azzurro oppure nell’area dello scalo aeroportuale. Se ciò avvenisse, e a questo punto è legalmente possibile che ciò avvenga, si opererebbe uno stravolgimento radicale dello sviluppo della città, un colpo mortale al tessuto commerciale del centro e una mazzata alla mobilità. E’ una cosa inaccettabile per Rimini, città che da qualche anno in qua ha abbracciato la politica del ‘basta cemento’ con i suoi strumenti di pianificazione e che ora rischia colate e colate di cemento per ingrossare il salvadanaio del Governo centrale. Chiederò già nei prossimi giorni ad Anci e agli altri Comuni capoluogo di prendere una posizione ufficiale per contrastare una norma che ucciderebbe le città, così come le abbiamo conosciute sinora e come le immaginiamo per il futuro”.