Il detenuto diventa giornalista e racconta il carcere al mondo fuori dalle mura. Il progetto, al quale hanno collaborato lassessorato alla cultura del Comune di Rimini, lassociazione Papillon costituita da ex detenuti e volontari, il Sert di Rimini e La Voce di Romagna, si concretizzerà con la pubblicazione, sul quotidiano romagnolo, di una pagina con cadenza mensile (la prima in pubblicazione giovedì primo agosto) interamente gestita dalla popolazione carceraria.
Lassessore ai Servizi sociali Gloria Lisi con il sindaco Andrea Gnassi abbiamo ritenuto di appoggiare il progetto - ha esordito lassessore alla cultura Massimo Pulini nellillustrare i contenuti delliniziativa - perché quello del carcere è un tema pieno di problematiche e che da sempre, per quanto lo sia voluto nascondere o tenere in sordina,è sensore di ogni gruppo sociale e focolaio delle relazioni umane e dei rapporti tra le persone.
Il direttore de La Voce Stefano Andrini ha poi illustrato le finalità della pagina, una scommessa voluta non per far parlare quelli fuori dal carcere ma per far parlare quelli dentro lanciando un ponte fra due mondi che in una sorta di situazione kafkiana spesso si ignorano.
Quello della Voce dentro - è stato sottolineato dal direttore del quotidiano - non sarà un tentativo ne buonista ne intellettuale di mettere in connessione la realtà carceraria e quella esterna ma prima di tutto umano.
Il presidente dellassociazione Papillon, Claudio Marcantoni ha evidenziato: Siamo contenti che il Comune abbia sposato la nostra battaglia e sarebbe nostro desiderio poter avviare analogo progetto anche a Ravenna e Forlì. Vorremmo inoltre che altre associazioni del mondo cattolico e laico decidessero di offrire il proprio contributo.
In carcere succedono molte cose che i cittadini ignorano - ha fatto notare Valerio Guizzardi, presidente regionale di Papillon - la gente conosce del carcere soltanto il lato peggiore. Esiste nei confronti dei carcerati un pregiudizio sociale difficile da scardinare quando i detenuti ritornano in libertà. E questo fa capire perché la recidiva resta molto elevata. Eppure, basterebbe osservare le statistiche, tolto l11 per cento di criminali che fanno parte di clan e affiliati, per il resto la popolazione carceraria è composta da poveri diavoli, tossicodipendenti, immigrati e senzatetto.