Villa des Vergers è uno dei patrimoni più cospicui del nostro territorio; perderlo non significa solo privarsi di un bene storico-artistico prezioso ma un pezzo stesso di quel processo individuale e collettivo, sociale e culturale, quotidiano e antropologico che per comodità (pigrizia?) viene chiamato identità.
E giusto salvaguardare Villa des Vergers, è giusto che essa sia sdoganata (almeno periodicamente) dalla invisibilità cui è costretta dal suo status privato, è giusto che sia il tessuto cittadino nel suo complesso a pre-occuparsi del suo perdurare nel tempo.
Perché si tratta, a tutti gli effetti e nellaccezione più vasta dellespressione, di un bene pubblico. Ma, e qui sta il punto, di proprietà di un privato. E, come è facilmente intuibile, non si tratta di un particolare accessorio della questione.
Voglio sottolineare con decisione come la salvaguardia di Villa Des Vergers sia comunque, e ancor prima che un problema di carattere estetico, un tema che coinvolge letica pubblica nel suo complesso: Cioè a dire linteresse che i privati cittadini nutrono nei confronti della salvaguardia di un bene collettivo.
La tutela della bellezza del paesaggio, della salvaguardia dei monumenti storici è certamente compito che spetta allente pubblico. Ma, allo stesso modo e con eguale carico di responsabilizzazione, ai cittadini. Ai privati. Non è un discorso popolare in un momento in cui ogni problema, qualsivoglia ostacolo posto davanti alla quotidianità, viene scaricato e imputato al Governo ladro o al Comune inefficiente. E un discorso scomodo ma inevitabile se si vuole dare centralità al vero pilone (oggi invero traballante) su cui si fonda il processo democratico. Si dice spesso, anche tra gli storici, che lItalia non abbia quel senso dello Stato che caratterizza altri Paesi. La nostra storia virata al particulare- Comuni, Signorie, Repubbliche, Nord e Sud- parrebbe andare in questo senso: grandi slanci, sperimentazioni anche avanzate ma scarsa capacità di riconoscimento in quel quadro valoriale e culturale chiamato Nazione. Ma la storia si può cambiare. Anzi, mi si permetta, oggi più che in passato si deve cambiare.
E allora questioni locali come Villa des Vergers possono diventare spie di quella rinnovata necessità di coinvolgimento, di condivisione di un orizzonte (di Paese, di città)comune, verso cui si deve tendere, andando oltre il teatrino del rancore, delle accuse, del non è compito mio, delle opposte sciabolate nel nome del dirigismo e del solo privato è bello.
Cè da dire, in ogni caso, che nei mesi scorsi lamministrazione comunale si è mossa nella direzione di salvaguardare il patrimonio di Villa des Vergers. Ha sostenuto- e non è una novità, in quanto già riportato dai giornali locali- una trattativa condotta da Rimini Fiera che, ad oggi, non ha ottenuto i risultati sperati. Resta ferma in ogni caso la disponibilità del Comune di farsi promotore di serie iniziative che vadano in quella direzione. La sollecitazione di Rosita Copioli va in questa direzione. Almeno che non cada nel vuoto.
Stefano Pivato
Assessore alle Cultura
del Comune di Rimini