“Bar e ristoranti chiusi almeno fino all’inizio di maggio, attività ancora chiuse, proroga dello stato di emergenza fino a giugno: è il quadro, pesante, che si delinea leggendo le indiscrezioni pubblicate oggi sui giornali rispetto alle intenzioni del governo per le prossime settimane.
Un’Italia dunque ancora rossa e arancione, con un unico spiraglio di speranza dato dall’annuncio della riapertura delle scuole, a prescindere dal colore della Regione. Riaprire le porte delle classi deve essere la priorità, un intervento necessario e non più procrastinabile che dobbiamo ai nostri bambini e ai nostri ragazzi per restituirgli un briciolo di normalità.
Allo stesso tempo però credo non ci si possa più permettere di comunicare con le famiglie, le imprese, i lavoratori attraverso annunci anticipati via stampa rispetto a misure che impattano sulla vita e il lavoro di milioni di italiani. Ci sono categorie intere alle prese con la crisi più profonda e drammatica dalla guerra ad oggi, negozianti ed esercenti che rischiano di non riaprire le proprie attività, che dopo una fase prolungata di sacrifici, restrizioni e chiusure, meritano almeno di avere spiegazioni chiare e prospettive certe.
È una fase estremamente delicata, tra una campagna vaccinale che deve ancora decollare, un virus che non molla la presa, ristori o sostegni che arrivano col contagocce e una stanchezza e un’esasperazione generalizzate tra i cittadini, dai più giovani privati della loro socialità, ai lavoratori in ansia per il proprio futuro. Lo ha dimostrato anche lo storico mea culpa di Angela Merkel, che ha fatto dietrofront dopo aver annunciato un ‘super lockdown’ in Germania per Pasqua, chiedendo scusa per aver creato altra incertezza tra i cittadini.
Ecco, nel periodo di estrema difficoltà che tutta Europa sta attraversando, serve chiarezza e serve una programmazione seppur graduale e ben ponderata delle riaperture, che tenga conto della necessità di dover convivere con questo virus ancora per qualche mese. E servono messaggi chiari e semplici per non continuare a contrapporre le ragioni della salute a quelle della scuola e dell'economia”.