Da parte mia ho sempre sostenuto questa necessità, concedendo ad esempio la cittadinanza onoraria per i minori stranieri nati in Italia e residenti a Rimini (0-18 anni) che hanno aderito all’iniziativa “Rimini sono anch’io!”, che ha visto coinvolte circa 400 famiglie. Un'esperienza nata proprio per stimolare il dibattito nazionale sul tema dello “ius soli” e che ha dato il suo contributo al risultato positivo di questi giorni. Oggi come allora ribadisco che una piena cittadinanza passa dal diritto-dovere di sentirsi parte attiva della propria comunità. Ricordiamo che questi bambini frequentano le nostre scuole, parlano spesso solo la nostra lingua e a volte neppure hanno mai visto la terra di origine dei propri genitori. Un esempio molto concreto è quello che riguarda le scuole di diverso ordine e grado presenti nel Comune di Rimini, dove la popolazione straniera presente rappresenta poco meno del 10% arrivando a superare abbondantemente quota 1.500 alunni. Studenti che vivono in tutto e per tutto la storia, la cultura, la socialità italiana, insieme ai loro compagni e alle famiglie.
Oltre a questi numeri, importanti, è bene ricordare come si stia assistendo negli ultimi anni ad un calo costante degli arrivi e ad una progressiva integrazione da parte delle famiglie presenti da più anni nel tessuto civico locale, sopratutto da parte di quelle con figli nati e cresciuti a Rimini. Parallelamente cresce anche la voglia da parte di queste famiglie di partecipare attivamente alla comunità e di sentirsi a tutti gli effetti identificati come cittadini a pieno titolo, sopratutto ma non solo da parte delle seconde generazioni.
Per loro è dunque giusto pensare a percorsi di piena cittadinanza, in linea con l'approvazione dello “ius soli”, per dare anche piena attuazione all'art.3 della Costituzione Italiana per cui -”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.