“Ho condiviso e aderito all’appello firmato dai sindaci nella giornata di ieri. Un appello responsabile e sottoscrivibile dalla prima all’ultima riga, pur redatto in assenza di quei documenti sugli obiettivi giunti ai Comuni solo nel tardo pomeriggio di venerdì. E questo è un problema che voglio affrontare in questa ulteriore riflessione sulla sanità e non solo.
Misureremo la nuova direzione sanitaria dell’Asl Romagna e il dottor Tiziano Corradori sui fatti e sulle cose concrete, sulle linee programmatiche per i prossimi anni. Questo, credo, sia la migliore forma di benvenuto che si possa dare a chi si appresta ad entrare in un settore talmente delicato e fondamentale della vita di tutti come la sanità.
I tempi ci impongono di non dilungarci in discorsi, cerimonie, formalismi. Per quanto mi riguarda conta la realtà dei fatti, l’attuazione degli impegni presi, il coinvolgimento delle comunità e delle istituzioni in un disegno di Romagna Sanità che, mi auguro, nessuno voglia mettere in discussione.
Proprio la sanità è stato il banco di prova di un modo nuovo di approcciare il presente e il futuro, oltre e aldilà di un campanilismo asfittico e tracotante che rischiava di indebolire di fatto prestazioni e cure per le nostre comunità.
Poter contare sui migliori chirurghi, specialisti medici, operatori, in un raggio geografico di pochi chilometri, significa aver fatto scelte mirate alla qualità del servizio. Un esempio per tutti: che senso ha avere 4/5 mediocri chirurgie sottocasa quando puoi contare sulla migliore ad appena mezz’ora di distanza? Questa è l’area vasta della sanità in Romagna, insieme a una struttura a rete che consente in ogni luogo di avere le migliori prestazioni e cure per i pazienti. Così è per tutte le branche della medicina, dalla neonatologia, alla cardiologia ecc.. Queste scelte, senza la barra ferma di questi anni, non sarebbero oggi realtà. Certo, hanno comportato traumi, cambi di abitudini. Ma senza questa salda traiettoria, la Romagna stessa non avrebbe (per risultato oggettivo misurato dalla stessa Regione) una delle migliori performance sanitarie dell’Emilia Romagna e d’Italia.
Ora, in un Paese senza riforme, in crisi economica, con Province a bagnomaria, uno stato/governo centrale spesso lento nelle risposte, un ruolo delle Regioni forte e nel nostro caso positivo, ma per definizione distante dal contatto con il cittadino, i Comuni rimangono il vero front office dei problemi, con scarse risorse e ogni responsabilità. Questo spinge i Comuni - e può spingerli sempre più- a difendersi, a proteggersi, a presidiare sempre più interessi territoriali e locali, a scapito di una visione più ampia di Romagna, di un’impostazione strategica e unitaria su molti fronti: mobilità, infrastrutture, trasporti, sanità. Questo processo, è bene dirselo, è in atto qui, come in Italia, come nel mondo. Da un lato vede proclamare unità di intenti e obiettivi comuni; dall’altro, essendo i Comuni esposti ad ogni problema, li vede di fatto concentrarsi nel perseguire obiettivi e interessi (insisto, legittimi) esclusivamente territoriali/campanilistici. Dagli aeroporti alla mobilità, alla sanità, potrebbero prevalere non riflessione, condivisione e sinergie tra tutte le tre Province romagnole e loro Comuni, ma perseguimento di obiettivi singoli e di campanile che si raggiungono al contrario con accordi solitari, ora a due, ora con Bologna, ora con Roma. Insomma una geometria variabile che mette al centro il campanile di riferimento e non un progetto di Area Vasta romagnola.
Si badi bene, non è una critica a nessuno, ma un constatare i fatti in essere per, magari, reindirizzarli.
L’unione della sanità romagnola è parte fondamentale di una visione strategica sulla Romagna che, forse mi sbaglierò, mi pare rischi di affievolirsi. Ribadisco il concetto: se vogliamo pensare ad uno sviluppo sociale ed economico stabile e robusto bisogna dirsi schiettamente se si crede alla Romagna. O, di converso, tornare ai campanili, per inseguire obiettivi di ‘pseudo supremazia’, o accordi tra pochi che, alla fine, a mio parere non daranno forza e futuro neanche a chi li persegue.
Non giriamoci intorno, Rimini in questo senso ha difeso sempre un impianto strategico della sanità anche quando, magari sotto il suo campanile, ne sentiva effetti all’inizio contraddittori. La scelta della Regione sulla Direzione Sanitaria è stata, come doveva essere, autonoma. Credo che sarebbe stato necessario affiancare una riflessione anche in ambito romagnolo su alcuni punti base per ogni prospettiva futura. Il confronto sarebbe stato utile. Per questo trovo singolare che solo nel tardo pomeriggio di ieri, un giorno dopo l’annuncio ai media delle nuove Direzioni, siano giunti via PEC ai Comuni i documenti contenenti gli obiettivi di mandato sanitario in vista del voto di lunedì 29 giugno. Due giorni per leggere, approfondire, discutere, coinvolgere professionalità, cittadini, operatori, Comuni, sindacati sono un tempo congruo? Per anni la Conferenza Socio Sanitaria Territoriale stessa, anche con lo stesso presidente, ha sollecitato a ragione la necessità di avere luoghi, spazi per discutere e confrontarsi sulle scelte e gli obiettivi da perseguire per l’area vasta Romagna. Il tempo di un week end risponde a questa sollecitazione su un tema così importante? Chi e come rispondere alle domande fondamentali: è stata fatta una valutazione reale dei risultati ottenuti negli ultimi anni? Quale garanzia circa la continuità delle linee fondamentali del progetto, a partire dal perseguire un sistema a rete, dalla chirurgia all’oncologia? Perché sulla rete oncologica non pare esserci nulla circa le riflessioni fatte in questi anni? Quest’ultimo punto mi sembra oggettivamente molto rilevante.
Non vorrei che, chiusa una fase, qualcuno in Romagna si sentisse finalmente sollevato dalla conclusione del ciclo di una direzione della ASL che con i suoi limiti, certo, un pregio lo ha avuto: non aver privilegiato o assecondato pressioni campanilistiche o territoriali, per, al contrario, difendere un progetto di area vasta.
A scanso di equivoci, dico che ogni ciclo si chiude, e anche questo, quindi la questione non è Tonini. Ma capire, condividere, riflettere adeguatamente sulle linee e gli obiettivi che dovrà seguire la nuova Direzione.
Non sono pessimista ma realista, perché alcuni segnali contraddittori, non è che li vediamo da Rimini, ma esistono nei fatti. Ne attenderemo di nuovi per esprimere una valutazione puntuale. Che per come sono andate le cose sarà complesso esprimere lunedì prossimo. Per adesso mi fermo qui.
Non prima però di avere rivolto un ringraziamento, e non di rito, a Marcello Tonini. Senza la direzione di Tonini, la sua passione, la sua competenza, abnegazione e tenacia (con pregi e difetti come tutti) non ci sarebbe stata di fatto l’area vasta, ma avrebbero prevalso campanili sanitari, e, probabilmente nei fatti, il ritorno ad ASL singole. Esattamente il rischio che non vogliamo avere davanti. A Tonini va anche un ringraziamento per avere gestito l’ultima drammatica fase del Covid. Senza a volte determinate prese di posizione del direttore uscente, anche le ordinanze restrittive e le misure per provare ad avere meno morti possibili per il Covid in Romagna sarebbero state meno incisive.
Spero e credo che tutti, dalla Regione in giù, possano attribuirgli il giusto merito e ringraziamento, che è qualcosa di diverso di un dovuto comunicato stampa”.