Con un monumento Rimini ricorda e onora Renzo Pasolini

Nel corso di una cerimonia è stato scoperto questa mattina alla Colonnella un busto in memoria di Renzo Pasolini, il leggendario pilota riminese tragicamente scomparso nel maggio del 1973.
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 A 80 anni dalla nascita e a 45 da quel tragico momento ancora indelebile nella memoria di tanti riminesi, il Motoclub Renzo Pasolini e la Città di Rimini hanno voluto onorare la figura di quello straordinario sportivo con l’installazione di un monumento a lui dedicato che non poteva trovare collocazione migliore che nelle vicinanze dei luoghi che lo videro nascere e crescere. L’installazione, opera dello scultore Massimo Fraternali e realizzata nei laboratori della BBTEK di San Marino, si trova infatti proprio di fronte alla chiesa della Colonnella, nell'area concessa gratuitamente dall'ingegner Fabbri della Vulcangas a pochi metri dalla casa in cui il padre Massimo e poi il fratello Paolo ebbero l’officina punto di riferimento per tanti motociclisti riminesi.

Presente alla cerimonia anche la sorella Laura oltre ai tanti i motociclisti riminesi che nonostante il freddo sono oggi intervenuti per dare con la loro presenza una saluto ad un grande campione che amministrazione comunale e motoclub hanno voluto onorare, in questo anno di anniversari, con una serie di eventi nel settembre scorso quando fu inaugurata la grande mostra dal titolo emblematico di “Renzo Pasolini, l’Uomo, il Pilota, il Mito, a local Hero”. Una mostra dal grande impatto scenico ed emotivo che, negli spazi della Far Fabbrica Arte Rimini di piazza Cavour, ha raccontato nel suo intimo non solo un campione e un pilota ma un uomo che ha saputo lasciare a distanza di anni ancora emozioni in chi lo ha conosciuto e amato.

La serie di eventi sono stati infatti l’occasione, forse per la prima volta, di raccontare la storia di un campione vero che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 ha saputo illuminare con la sua classe, coraggio, tenacia, ma anche infinita umanità lo sport del motociclismo. Epiche le sue sfide coi grandi protagonisti delle piste di quello che allora veniva chiamato Continental Circus, da Agostini, Provini, Hailwood, a Jarno Saarinen con cui la sorte ne accumunò il destino nella tragedia di Monza. Un uomo, un pilota, un campione a cui la Città di Rimini ha sempre sentito di dover molto e che con momenti come quello di quest’oggi gli vuol rendere onore. Renzo Pasolini, con la sua vita, le sue imprese, ha infatti saputo, in questa terra che ha sempre legato passione e motore, rappresentare lo spirito più genuino di quella che oggi è conosciuta universalmente come la “Terra dei Motori”, “The Riders' Land”. Il 2018 Renzo Pasolini avrebbe compiuto 80 anni, e ci è sembrato fosse finalmente giunto il momento giusto per valorizzare la figura e la leggenda di un grande campione affinché la sua figura possa continuare a vivere nel cuore di tutti gli appassionati che l’hanno conosciuto o che nel suo mito, come i più giovani campioni riminesi che si stanno facendo onore nei vari campionati di specialità, sono cresciuti.

La tragedia di Monza Sono passati esattamente 45 anni da quella terribile domenica pomeriggio del 20 maggio 1973, e ancora quelle immagini, che il bianco e nero delle televisioni d’allora rendeva ancor più indelebili e crude, sono davanti agli occhi di chi, invece di un gran premio, stava assistendo esterrefatto ad una tragedia. Una tragedia umana e sportiva insieme, che in un sol attimo, a pochi secondi dal via di quel Gran premio di Monza, ha cancellato due campioni nell’atto di scrivere con la loro classe, la loro arte, il loro coraggio, la storia del motociclismo lasciando in tutti quel vuoto incolmabile in chi non si rassegna alla morte. “Non mi volevo arrendere di fronte alla realtà” – dice il dottor Claudio Costa in un’intervista raccontando degli ultimi istanti di vita del campione riminese. Renzo Pasolini e Jarno Saarinen lasciarono in quel momento solo i ricordi in chi li aveva ammirati e amati, i pochi filmati e le tante immagini e parole spese a raccontare la loro straordinaria classe.

Oggi probabilmente quel terribile incidente non sarebbe potuto succedere: airbag, caschi – Pasolini stava correndo con un jet dopo averlo fatto per anni con una ‘scodella’ in sughero – vie di fuga. La moto non sarebbe mai potuta rimbalzare sul guardrail e come una falce tornare in pista colpendo Saarinen. “Un uomo coraggioso è colui che ha paura di fare una cosa, ma la fa lo stesso!” avrebbe detto Renzo Pasolini, che per quella passione che l’aveva catturato con il pugilato fin da giovanissimo non si è mai risparmiato nemmeno di fronte alla paura. La morte, allora, era una componente non estranea al mondo delle corse in moto – “non mi mette in soggezione – dice in un’intervista televisiva - riguardo allo sport che faccio” –.

Ma se la fortuna, quella sportiva, non gli fu mai buona amica, in quel pomeriggio del 20 maggio gli volse per sempre le spalle. Lo fece proprio nell’anno “buono”, quello in cui su una moto performante – quella con cui Walter Villa, anch’egli coinvolto nell’incidente di Monza, vinse negli anni successivi ben quattro mondiali – poteva finalmente coronare una lunga carriera con un titolo mondiale strameritato. Sì, perché se c’è una cosa indiscutibilmente vera è che non è per il palmares che Renzo Pasolini è ancor oggi così fortemente amato e ricordato. Piuttosto per il suo essere motociclista in tutta la sua essenza, per il suo modo di correre e di spendersi con generosità e senza calcoli se non quello di essere più veloce dell’avversario.

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Ultimo aggiornamento

15/05/2023, 16:42