Nel nuovo allestimento del pluripremiato testo di Angela Dematté
la storia di Mara Cagol, una delle fondatrici delle Brigate Rosse
Venerdì 23 novembre ore 21, Teatro degli Atti
(fuori abbonamento)
Siamo alla fine anni Sessanta: in una famiglia cattolica di Trento un padre (Andrea Castelli) e una figlia (Francesca Porrini) si parlano; lei è Margherita Cagol, iscritta a Sociologia e attiva in parrocchia; dopo aver partecipato alle lotte universitarie sceglie la lotta armata e fonda le Brigate Rosse con il marito Renato Curcio.
“Avevo un bel pallone rosso e blu, ch’era la gioia e la delizia mia. S’è rotto il filo e m’è scappato via, in alto, in alto, su sempre più su. Son fortunati in cielo i bimbi buoni, volan tutti lassù quei bei palloni”: così scriveva la piccola Margherita nei suoi quaderni d'infanzia. Una filastrocca che è quasi un’inquietante allegoria di quello che sarà il destino della vita di una bambina che sarà da tutti conosciuta con il nome di battaglia “Mara”.
Attraverso i dialoghi si delinea il rapporto concreto e drammatico tra un padre e una figlia, segnato da un affetto profondo, nel quale tuttavia la storia e le scelte personali scaveranno un solco terribile. Parole e silenzi conducono quindi lo spettatore nelle atmosfere degli anni di piombo, attraverso un’indagine lucida e dolorosa dei legami familiari.
“Il testo di Angela Demattè sembra voler esemplificare la vicenda umana di Mara Cagol – spiega Carmelo Rifici - In realtà la storia delle BR è un pretesto usato dall’autrice per addentrarsi in un terreno più fecondo e misterioso: quello delle relazioni umane profonde e dell’impossibilità della relazione. Senza dimenticare i luoghi della difficile relazione, Trento e Milano. A Trento Mara è Margherita, figlia e studentessa, a Milano Margherita è Mara, combattente membro del comitato esecutivo delle Brigate Rosse. A Trento Margherita parla in dialetto e si pone di fronte al padre con il dubbioso sentimento di amore e di ribellione, a Milano Mara parla un italiano burocraticamente ideologico e si pone di fronte al padre senza dubbi e con l’assoluto amore verso la causa brigatista”.
Il conflitto generazionale tra il padre e i furori giovanili della figlia si esprime infatti anche nell'uso di lingue diverse da parte dei due: la parlata in dialetto del padre permette la comunicazione familiare, mentre l’uso da parte della figlia rivoluzionaria di una stereotipata lingua nazionale, che si ritroverà nei comunicati delle BR, interrompe quella comunicazione. “A Trento il padre parla in dialetto e il suo dialogo impossibile con Margherita è basato sull’amore assoluto verso i figli, la famiglia, la religione cattolica e il lavoro, un amore assoluto che rifiuta il relativismo emozionale, rifiuta il personale – spiega ancora il regista - A Milano il padre non sa più in che lingua parlare e cerca in Mara un sentimento filiale ormai impossibile da recuperare. Lo spettacolo tratta dell’impossibilità del linguaggio, che si palesa nel cancro alla bocca che ucciderà il padre, bocca dalla quale non uscirà mai la parola Amore, e nella perdita della lingua natale di Margherita, senza la quale è impossibile veicolare gli affetti più cari”.
Proprio questo aspetto della lingua sarà al centro del breve dialogo dal titolo Amore in dialetto non si dice in programma al termine dello spettacolo con l’autrice Angela Demattè, gli attori, il linguista Davide Pioggia e Fabio Bruschi, curatore di Sessantotto Oggi, il ciclo annuale di pubblicazioni, concerti, film e mostre che propone a conclusione del programma anche due proiezioni.
Sabato 24 novembre infatti la Cineteca comunale (ore 17) ospita il film Il Cammino del guerriero di Andreas Pichler, innovativo regista sudtirolese. Michael N., un giovane di Bolzano, nel 1982 decide di partire per la Bolivia per diventare missionario gesuita. Alcuni anni dopo Michael è a capo di un gruppo di guerriglieri: cadrà in combattimento nel 1990. Il film, introdotto da Fabio Bruschi, pone la domanda sul motivo che spinge dei giovani a lottare, e a volte a morire, per un ideale politico e religioso.
Il programma in Cineteca si chiude con un secondo film, lunedì 26 alle 21: Ora e sempre riprendiamoci la vita, di Silvano Agosti, con spezzoni di riprese dei movimenti giovanili lungo i dieci anni tra il 1968 e il 1978 (anno della cesura irreparabile con l'uccisione di Aldo Moro), inframmezzate da interviste a protagonisti e testimoni, tra cui Oreste Scalzone, Mario Capanna, Franca Rame, Dario Fo, Bernardo Bertolucci, Massimo Cacciari, Bruno Trentin, Nuto Revelli e Pietro Valpreda. Introducono Miro Gori e Fabio Bruschi.
Venerdì 23 novembre, ore 21 – Teatro degli Atti
Avevo un bel pallone rosso
di Angela Demattè
regia Carmelo Rifici
scene e costumi Paolo Di Benedetto
musiche Zeno Gabaglio
luci Pamela Cantatore
video Roberto Mucchiut
con Andrea Castelli e Francesca Porrini
produzione LuganoInScena, TPE Teatro Piemonte Europa, CTB Centro Teatrale Bresciano
in coproduzione con LAC Lugano Arte Cultura
Biglietti
Posto numerato intero 12 euro - ridotto 10 euro
Prevendite presso il Teatro Galli (piazza Cavour 22) con i seguenti orari: dal martedì al sabato dalle 10 alle 14 il martedì e il giovedì anche dalle 15 alle 17.30. La sera dello spettacolo presso il Teatro degli Atti dalle ore 19.30. Info: 0541 793811,