È lui l’anima di The Greatest Showman, un’anima energica e pop nella migliore accezione del termine, con l’occhio, quello del regista esordiente Michael Gracey, a quello spettacolo assoluto che era Moulin Rogue!, con cui Baz Luhrmann ha cambiato le regole del musical cinematografico moderno.
La pellicola è ispirata all’immaginario e alla visionarietà del protagonista: nella New York di metà Ottocento Phineas Taylor Barnum, figlio di un sarto, sogna il riscatto e inventa il circo moderno fatto di animali, atleti e freak, sfidando le classi e le convenzioni sociali. Ci sono scenografie maestose e costumi sfavillanti, ci sono numeri musicali, di quelli che fai fatica a star fermo e seduto, e canzoni, di quelle che ti sorprendi a canticchiare fuori dal cinema. Le hanno scritte Benj Pasek e Justin Paul, i vincitori dell’Oscar per i brani di La La Land e del Tony per Dear Evan Hansen). This Is Me, il pezzo eseguito dalla strepitosa donna barbuta interpretata da Keala Settle, è da applausi ed è stato nominato ai Golden Globes come Best Original Song.
Sabato 28 luglio, invece, sarà proiettato “Chiamami col tuo nome” di Luca Guadagnino.
È una storia d’amore, ma è anche qualcosa di più: il racconto di una vacanza estiva, la scoperta di un diverso se stesso, il sogno di un mondo accogliente e comprensivo. E la prova di una nuova maturità — impreziosita da 4 candidature agli Oscar, compresa quella per il miglior film — per Guadagnino, che qui abbandona i toni sempre un po’ troppo sottolineati delle sue opere precedenti per una messa in scena più trattenuta e sussurrata, a volte quasi distratta, divagante, ma proprio per questo perfetta nel restituire un’atmosfera prima che una storia. A cui non è estranea la scelta di un cast di attori eccellenti ma per niente star, che non hanno bisogno di dimostrare a ogni scena come sono bravi.
Ambientato nell’estate del 1983, «da qualche parte in Nord Italia» (è la campagna nei pressi di Crema, molto familiare al regista), Chiamami col tuo nome usa lo stratagemma dell’arrivo di un estraneo, il ricercatore universitario americano Oliver (Armie Hammer), all’interno di una comunità rilassata e vacanziera non per accendere tensioni o conflitti ma piuttosto per offrire a ognuno degli altri protagonisti l’occasione per scoprire o rivelare qualcosa di sé.