Ogni anno l'industria dell'ospitalità vale quasi un miliardo e mezzo di euro di PIL per la città.
Secondo lo studio pubblicato questa mattina da Il Sole 24 Ore e realizzato sa Sociometrica, Rimini figura al quinto posto fra i ‘top performer’ del Pil grazie all’industria dell’ospitalità, nettamente prima fra i comuni balneari d’Italia, superata solo dalle quattro principali città d’arte italiane, ovvero Roma (al primo posto), Milano (al secondo), Venezia (al terzo) e Firenze (al quarto).
Secondo la ricerca “La ricchezza dei comuni turistici – ranking secondo la creazione di valore aggiunto” che ha elaborato i dati Istat delle presenze turistiche, in Italia ci sono 3.390 comuni che producono valore aggiunto e ricchezza generata grazie al turismo e fra questi Rimini è la prima destinazione balneare d’Italia, con circa 1,44 miliardi di euro che corrisponde all’1,64% della ricchezza turistica di tutta Italia.
Per rimanere in Emilia-Romagna, all’11esimo posto figura il comune di Bologna (con 0,92 miliardi di euro), al 18esimo Riccione (con 0,67 miliardi di euro), al 19esimo Cervia (con 0,64 miliardi di euro), al 20esimo Cesenatico (con 0,63 miliardi di euro).
Un andamento, quello del 2022, che si avvicina ai valori pre-pandemia: in termini di presenze complessivamente lo studio stima per quest’anno 389,4 milioni di presenze contro i 436,7 milioni del 2019, con un gap del 10,8%
Nello studio si tiene conto anche della stima del turismo non registrato, ovvero quello dei turisti che scelgono affitti brevi in una seconda casa o in una camera in una residenza privata.
“Questo primato – commenta il Sindaco Jamil Sadegholvaad - conferma quanto già sapevamo, ma che a volte rischiamo di perdere di vista quando pensiamo, in modo purtroppo diffuso, che il turismo sia residuale, forse perché è residuale il tempo che al turismo è destinato nella vita personale e collettiva. Una percezione sbagliata come ci dicono anche i risultati di questa ricerca che ci mettono di fronte a dati tangibili e valori precisi. Siamo la locomotiva del turismo balneare nazionale, di un comparto industriale che crea ricchezza e lavoro, abbiamo il primato delle città balneari dove il turismo contribuisce ad aumentare il reddito del territorio, l’imprenditorialità nei servizi complementari. Numeri che ci dicono quello che non si valuta mai abbastanza e cioè che il turismo, anzi l’industria dell’ospitalità, è un settore che ne intreccia molti e ha effetti su tanti altri comparti dell’economia, non solo su quello alberghiero o delle agenzie di viaggio, ma su quello della ristorazione, dei servizi turistici, dei trasporti, del commercio al dettaglio, solo per citarne alcuni. Qualcosa che la crisi pandemica ha fatto capire a tutti. Il turismo è inoltre un’industria “generativa” capace di favorire uno sviluppo culturale, di comunità e relazionale, come a Rimini sappiamo bene. Se guardiamo la fotografia scattata oggi dal Sole 24 ore nel suo insieme, vediamo che nelle prime venti posizioni il valore dell’industria turistica di Rimini, insieme a quello di Riccione, raggiunge 2,11 miliardi di euro, un dato non banale della forza del turismo del nostro sistema. Che si rafforza ulteriormente se ragioniamo in termini di destinazione Romagna, aggiungendo nel calcolo anche Cervia e Cesenatico e gli altri Comuni della costa riminese che portano il valore complessivo di ricchezza prodotta grazie al turismo dal nostro sistema a 3,38 miliardi, ovvero al terzo posto complessivo in Italia, davanti a Venezia e Firenze. Considerando che, se stiamo ai dati Istat dei primi 9 mesi del 2022, il 43 per cento di tutte le presenze turistiche e il 46 per cento di tutti gli arrivi turistici della provincia di Rimini si registrano nel comune di Rimini, il valore aggiunto del turismo a Rimini è una ricchezza materiale e immateriale enorme, fatto di imprenditori e persone dinamiche, imprese anche piccole, che sono ripartite appena è stato possibile dopo la frenata della pandemia. Per questo se il turismo resta il petrolio d’Italia, stride ancora di più la difficoltà di attribuire il riconoscimento del valore “industriale” del turismo a dispetto dall’alta percentuale di Pil che questo settore genera in Italia e nel mondo. Serve una politica che consideri il turismo come risorsa strategica per il Paese, che faccia per questo settore investimenti analoghi ad altri comparti industriali, nella direzione del sostegno qualitativo alle imprese, della valorizzazione della riqualificazione delle strutture, delle buone pratiche territoriali e della creazione di una vera politica di promozione dell’Italia all’estero. C’è bisogno di politiche e piani di sviluppo più lungimiranti. E francamente non so se a questo obiettivo corrisponde il pacchetto di misure appena annunciato dal nuovo Governo sul lavoro circa la reintroduzione dei voucher per alcuni comparti, tra i quali il settore alberghiero e quello della ristorazione. Una misura già utilizzata sino a pochi anni fa e che aveva creato non poche distorsioni del mercato del lavoro. Per non parlare della proposta di detassazione delle mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di pasti e bevande. Nel turismo ci vuole pensiero. Bisogna lavorare sulle attese e i desideri delle persone, sulla qualità dei servizi e la logistica. La pandemia ha innescato uno shock senza precedenti nell’economia turistica. Benché anche Rimini sia stata colpita molto duramente, il nostro territorio ha saputo, ancora una volta, reagire con prontezza e resilienza. Come per il petrolio, però, anche il turismo è giacimento che l’Italia non riesce a sfruttare al massimo se non definisce un programma di rilancio del settore turistico all’altezza del valore che rappresenta”.