Dai Palazzi dell’Arte di Rimini il nuovo riconoscimento per la giovane arte italiana in collaborazione con il Comune di Rimini e la Fondazione San Patrignano. La mostra dei vincitori e dei finalisti viene prorogata sino a domenica 9 ottobre 2022.
Il Comune di Rimini e la Fondazione San Patrignano annunciano i vincitori della prima edizione del Premio Artisti Italiani, riconoscimento biennale per talenti dell'arte contemporanea di età inferiore ai quarant'anni italiani o residenti in Italia: prima classificata è Benni Bosetto con l’opera Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58; il secondo classificato è Giangiacomo Rossetti con Untitled (light sequence); il terzo premio viene assegnato ex aequo a Binta Diaw con Paysage Corporel VII e a Beatrice Marchi con Amiche Forever.
I vincitori sono stati selezionati tra i 12 finalisti della prima edizione dal comitato dei sostenitori del Premio e dal Sindaco di Rimini con le seguenti motivazioni:
“Considerata la qualità di tutte le opere presentate dagli artisti finalisti, selezionati tra i più innovativi della scena italiana; valutato che il Premio vuole sostenere i talenti dell’arte dei nostri tempi, italiani o residenti in Italia, e che esso ha come obiettivo quello di estendere l’offerta di contenuti artistici della Collezione Fondazione San Patrignano incrementandola; considerato altresì che la Collezione stessa nasce come riserva economica, abbiamo deciso di assegnare i premi tenendo conto anche del fatto che alcuni artisti si sono già distinti con mostre in prestigiose istituzioni pubbliche o gallerie private non solo italiane, ma anche di respiro internazionale.
A Benni Bosetto va il primo premio per aver proposto un’opera che coniuga ricerca e tradizione attraverso una tecnica elegante e un linguaggio di grande potenza espressiva, capace di condurre lo spettatore a riflettere sulla complessità dell’essere umano.
A Giangiacomo Rossetti va il secondo premio per aver dimostrato di saper rileggere il passato in forme attuali, senza rinunciare a suggestioni spirituali e portando lo spettatore a porsi domande su temi quali la solitudine e il rapporto con sé stessi e con gli altri.
Binta Diaw è terza classificata ex aequo per la sua capacità di saper raccontare fenomeni sociali di grande rilevanza. La giovane artista, attraverso una fotografia del proprio corpo su cui sono disegnati a gessetto file di piccoli e delicati pomodori, si rende testimone delle sofferenze e del dolore provocato dai sistemi di sfruttamento umano nelle coltivazioni del sud-Italia gestite dal caporalato.
Beatrice Marchi è terza classificata ex aequo in quanto con l’opera presentata, uno dei suoi primi video, indaga con una tecnica di immediata fruizione temi complessi come la definizione dell’identità, le relazioni umane e la ricerca di approvazione”.
I vincitori si aggiudicano una somma in denaro pari a Euro 10.000 per il primo classificato, Euro 6.000 per il secondo e Euro 4.000 per il terzo classificato. Le opere degli artisti vincitori entreranno a far parte della Collezione San Patrignano, secondo il modello di endowment su cui si fonda la Collezione stessa, e saranno esposte al PART.
Benni Bosetto, Costanza Candeloro, Caterina De Nicola, Binta Diaw, Lorenza Longhi, Beatrice Marchi, Diego Marcon, Daniele Milvio, Margherita Raso, Andrea Romano, Giangiacomo Rossetti e Davide Stucchi sono i dodici finalisti della prima edizione, scelti dal comitato selezionatore composto da Edoardo Bonaspetti, Lucrezia Calabrò Visconti e Francesco Garutti; sono stati i finalisti del premio e sono protagonisti di una mostra all’interno del PART Palazzi dell’Arte Rimini prorogata sino a domenica 9 ottobre.
Jamil Sadegholvaad, Sindaco di Rimini, commenta: “I migliori artisti under 40 hanno trovato casa a Rimini. Questo è per noi un riconoscimento importante nella direzione della valorizzazione dei giovani e in particolare dei talenti artistici italiani che hanno saputo cogliere in anticipo e trasferire nelle proprie opere le contraddizioni e i sentimenti dei nostri anni. Dare uno spazio a questo progetto in un museo riqualificato e rigenerato nel segno del ruolo sociale dell’arte, è una scelta nella direzione di costruire il futuro valorizzando i giovani talenti, con uno sguardo costantemente proiettato al domani. Le opere che sono in mostra e di cui oggi annunciamo la premiazione, affrontano diversi temi: dalle questioni di identità e appartenenza, sino alla domanda sul valore dell’opera d’arte o la capacità dell’arte di essere politica. Credo che il futuro di questo spazio, come il futuro della nostra città, vada sempre più nella direzione di includere i giovani e le domande profonde che pongono”.
Il Premio Artisti Italiani nasce da un’idea di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo e Giuseppe Iannaccone. Può contare su un comitato di sostenitori, composto da Francesca Bazoli, Diana Bracco, Carlo Cimbri, Paolo Clerici, Laura Colnaghi, Alberta Ferretti, Giuseppe Iannaccone, Daniela Memmo, Gilda Moratti, Letizia Moratti, Clarice Pecori Giraldi, Polissena Perrone, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Francesca Scaroni, Roberto Spada, Carlo Traglio, Francesca Tronchetti Provera e Flavio Valeri.
Il Premio Artisti Italiani ambisce a supportare l'arte contemporanea italiana emergente e ad alimentare la Collezione con opere di grande qualità selezionate attraverso un dispositivo dinamico che agisca a sostegno della migliore pratica artistica italiana under 40 e con il coinvolgimento dei curatori più talentuosi, disegnando un inedito percorso virtuoso tra arte, territorio e solidarietà.
Palazzi dell’Arte Rimini
Piazza Cavour 26, 47921 Rimini
t. +39 0541793879
palazziarterimini.it
Palazzi dell’Arte Rimini
Orari di apertura: dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19. Sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19. Chiuso lunedì non festivi.
Biglietto: Intero €8,00; Ridotto € 6,00
GLI ARTISTI VINCITORI
BENNI BOSETTO (Merate - Lecco, 1987)
Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58, 2022, matita su seta, stoffa, ovatta, legno e ferro, 80x55x4 cm, Courtesy dell’artista e Campoli Presti, Parigi
Doctor Said I might Go Blind. It Helped Me see more clearly. 15 Feb.2022, 17:58 è un complesso disegno a matita su seta ovattata porta lo spettatore in uno spazio intimo e al contempo metafisico. È un’opera che nasce con l’intento di riflettere sulla natura della distrazione, intesa come quello stato mentale che permette connessioni inaspettate tra i momenti altalenanti di concentrazione e deriva. L’opera serve come contenitore di esperienze “divinamente inutili”, fugge la gravità e tende ad elevarsi verso una dimensione ultraterrena, un linguaggio nascosto, un po’ giocoso, attraverso cui sentirsi costantemente fuori strada. Ispirandosi all’iconografia surreale delle grottesche, il disegno rappresenta una specie di macchina ibrida che contiene e funziona tramite liquidi corporei, organi genitali, ortaggi, molteplicità di esseri umani, unicellulari, animali, dolciumi, gattini, parassiti viscerali e gioielli di pietre preziose le cui interconnessioni sono visibili grazie a collegamenti tubolari che ricordano vene, reti molecolari o biomeccaniche che passano attraverso i loro orifizi formando un unico ecosistema vivente che rimanda alle macchine celibi descritte da Michel Carrouges ma adattate ad una visione più compostista. Ciò che i personaggi rappresentati stanno operando, quando non sono assorti in una qualche riflessione o forse nel vuoto sono una serie di gesti rituali e di esercizi per la cura del sé che rivelano la centralità del corpo come origine della percezione. Il titolo è un frammento diaristico quotidiano, estratto da un articolo che ha distratto la mente dell’artista, e suggerisce che il senso si trova tra gli interstizi del reale.
STATEMENT
La pratica artistica di Benni Bosetto indaga la condizione umana sondando il ruolo dei rituali nella società odierna. Abbandonando le nozioni tradizionali del tempo e dello spazio e utilizzando un linguaggio visivo pre logico, Bosetto fa appello a un’inconscia memoria collettiva, rileggendo il concetto di vaporizzazione del corpo e di perdita d’identità, il suo trascendere la dimensione spazio temporale, facendosi immagine di un perenne divenire e movimento. Nelle sue opere la corporeità si dissolve divenendo parte di altre specie, altri generi e altri tempi che si tengono e riallacciano in un racconto eterno. La realtà si rompe in un assemblaggio composto di molteplicità, a ribadire che l’essere umano è innanzitutto compost, essere con gli altri.
BIOGRAFIA
Benni Bosetto vive e lavora a Milano. Laureata all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, ha studiato al Sandberg Instituut ad Amsterdam. Tra le mostre personali: MAMbo, Bologna e Campoli Presti, Parigi (2022); ADA, Roma (2021); Almanac, Torino (2020); Kunstraum, Londra (2019); Tile Project Space, Milano (2017). Tra le mostre collettive: MAXXI L’Aquila (2022); Campoli Presti, Parigi (2021); Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma (2021); Quadriennale di Roma (2020); Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2020); Villa Medici, Roma (2019); OGR, Torino (2019); MAMbo, Bologna (2019); Fondazione Baruchello, Roma (2019); DAMA, Torino (2016); De Appel Art Center, Amsterdam (2016). Benni Bosetto ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant nel 2020.
GIANGIACOMO ROSSETTI (Milano, 1989)
Untitled (light sequence), 2022, 4 Gelli Print Monotypes su carta, 52x62 cm ognuno, Courtesy dell’artista e Galleria Federico Vavassori, Milano
BIOGRAFIA
Giangiacomo Rossetti vive e lavora a New York. Ha studiato all’Accademia di Brera a Milano e ha poi conseguito un master all’FHNW a Basilea. Le sue più recenti mostre personali includono Federico Vavassori, Milano (2021); Greene Naftali, New York (2020); Mendes Wood DM, Bruxelles (2019); Riverside, Berna (2018); Federico Vavassori, Milano (2017). Le mostre collettive a cui ha partecipato includono CFA live, Milano (2021); Greene Naftali, New York (2021); Aspen Art Museum, Aspen (2020); Stuart Shave Modern Art, Londra (2020); Greene Naftali, New York (2019); Braunsfelder Family Collection, Colonia (2018); MAK Center for Art and Architecture, Los Angeles (2017).
BINTA DIAW (Milano, 1995)
Paysage Corporel VII, 2021, Gessetto naturale su carta di cotone, Ed. 2/3, 110x165 cm, Courtesy dell’artista e Galerie Cécile Fakhoury
Paysage Corporel VII è la settima opera fotografica della serie ‘Paysages Corporels’, un corpus di fotografie ritoccate in superficie con pigmenti naturali. Il corpo femminile nero è la testimonianza evidente di dolori, violenze, lotte, sofferenze e disuguaglianze. Il rapporto ancestrale tra i corpi femminili e la Natura, ritorna in queste opere in cui vengono fotografate diverse parti del corpo dell'artista. Un Corpo come terreno di resistenza, di potere e di azione, illuminato da tracce di colori sulla superficie fotografica, che trasformano le linee, le tracce, le simbologie e le forme del corpo in viaggi, riflessioni e paesaggi armoniosi e idealmente infiniti. Queste tracce effimere, sono il risultato di un processo di questioning e di una continua ricerca interiore legata a rivendicazioni identitarie, al movimento ciclico delle donne, della Natura sotto una lente critica. In questa fotografia, in particolare, l’artista ha voluto disegnarsi addosso grappoli di pomodori con numerosi riferimenti storici, identitari e culturali. La fotografia a interpretazione aperta, come per tutte quante, riflette sulla cittadinanza e sul concetto di italianità a partire dal pomodoro, simbolo che ha accompagnato l’Italia nella storia dal passato al giorno d’oggi. I pomodori al giorno d’oggi oltre a essere colonna portante della gastronomia italiana, sono il fulcro di violenti sistemi di sfruttamento umano nelle piantagioni gestite dal Caporalato, nel Sud Italia.
STATEMENT
Spesso declinata sotto forma di installazioni di varie dimensioni, la ricerca plastica di Binta Diaw è parte di una riflessione filosofica sui fenomeni sociali, culturali e identitari, che definiscono il nostro mondo contemporaneo come la migrazione, la nozione di appartenenza o la questione di genere, attraverso corpo e spazialità. Alimentando la sua pratica attraverso contributi sull’intersezionalità e sul femminismo, Binta Diaw ci porta nell’esplorazione di molteplici livelli di identità; la sua come donna nera, in un mondo europeizzato; la nostra e quella di un continuo crocevia di storie e geografie.
BIOGRAFIA
Binta Diaw si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano e all’ÉSAD di Grenoble, vive e lavora a Milano. Il suo lavoro è stato esposto in diverse mostre: “and plant seeds for a different way of living”, Titanik and Museum of Impossible Forms, Turku (2022); “The Recovery plan”, Istituto Italiano di Cultura, Parigi (2022); “Les Filons Géologiques”, Palazzo Accursio, Bologna (2021); Museo Novecento, Firenze (2021); “Dïà s p o r a”, Galerie Cécile Fakhoury, Abidjan (2021); School of Water–Mediterranea, Young Artists Biennale, San Marino (2021); “I have this memory, it is not my own”, Galerie Cécile Fakhoury, Dakar (2020); “Waves Between Us”, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2020); “Nero Sangue”, Museo MAGA, Gallarate (2020); “In Search of Our Ancestor’s Garden”, Milano (2020); “Soil is an Inscribed Body”, Savvy Contemporary, Berlino (2019).
BEATRICE MARCHI (Gallarate - Varese, 1986)
Amiche Forever, 2017, HD animazione video, colore, suono, 4’32’’, Courtesy dell’artista e Sandy Brown, Berlino
In video animation Amiche Forever (2017), una video chiamata tra Susy e Culinski, che appare sullo schermo di un iPad, mostra le due amiche discutere in inglese e in italiano. "La tua ossessione di avere una BFF è ridicola!" "Voglio essere internazionale!”. Il video termina con un makeover di Culinski che ricorda un tutorial di YouTube, completo di contouring, ciglia finte e rossetto labiale, mentre suona il ritornello della canzone “Never My Friend”.
STATEMENT
Attraverso diversi media, il lavoro di Beatrice Marchi indaga alcuni processi coinvolti nella definizione dell’identità, creando personaggi clowneschi che prendono vita in dipinti, video, performance e sculture. Prendendo ispirazione da episodi della sua vita quotidiana, il lavoro di Beatrice Marchi ruota intorno allo studio dei diversi stati di vulnerabilità di un individuo in relazione a una collettività, per esplorare la complessità delle relazioni umane, la coscienza sporca, l’insoddisfazione e la ricerca di approvazione.
BIOGRAFIA
Beatrice Marchi ha completato un MfA alla Hochschule für Bildende Künste di Amburgo nel 2017 e oggi vive e lavora a Berlino. Ha collaborato con Motel Lucie e Gasconade. Tra le sue mostre personali: Istituto Svizzero, Milano; Sandy Brown, Berlino; Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea, San Giovanni Valdarno; Riverside, Berna; Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano; Hester, New York; Exo Exo, Parigi; Fanta, Milano; Gasconade, Milano. Il suo lavoro è stato presentato in mostre collettive presso diversi spazi istituzionali tra cui: Fondazione Prada, Milano, MACRO, Roma; Museion, Bolzano; Palazzo Reale, Milano; Performance Space, New York; Mambo, Bologna; Galerias Municipais de Lisboa - Galeria Boavista, Lisbona; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; 16a Quadriennale di Roma; PAC, Milano; GAM, Milano.