Otto donne imprenditrici, otto storie di chi ha lottato per l'indipendenza economica, otto imprese che, superata la fase del lockdown e la crisi, sono testimonianza di resilienza, successo e ripartenza, simboleggiando al meglio il dinamismo della nostra comunità.
Quella che si è tenuta questa mattina, nella sala della Giunta del Comune di Rimini, è stata una premiazione dal grande valore simbolico, a cui ha partecipato la Vice Sindaca con delega alle politiche di genere, Chiara Bellini.
Proprio l’8 marzo, nel centenario della giornata internazionale della donna, il Comune di Rimini ha voluto premiare le imprenditrici riminesi di successo che, grazie alla loro sensibilità e al loro impegno nei diversi ambiti professionali, sono state capaci di visione e pragmatismo, di inventarsi e di innovare, di guardare al futuro con creatività. Si tratta del primo evento di un mese, marzo, completamente dedicato alle donne, con il cartellone “L’otto sempre. 1922-2022 Un mese di riflessione in occasione del centenario della Giornata Internazionale della Donna”.
Le donne premiate sono state indicate dalle associazioni di categoria, presenti alla cerimonia con i loro rappresentanti, ecco quali:
Valentina Aureli Azienda: SCM GROUP SPA E AETNA GROUP SPA
Ass. di categoria CONFINDUSTRIA ROMAGNA
Giulia Azzurri Fatttori Azienda: Sovrana Hotel & SPA (impresa ricettiva)
Ass. di categoria FEDERALBERGHI RIMINI
Elena Borghi Azienda: AZIENDA DI COMUNICAZIONE Q GROUP SRL
ass. di categoria CONFCOMMERCIO RIMINI
Elisabetta Brocculi Azienda: SAPORI FEDELI
Ass. di categoria CONFARTIGIANATO DONNE IMPRESA
Giorgia Brugnettini Azienda: ASSEMBLAGGIO DI QUADRI ELETTRICI
Ass. di categoria CNA
Fabbri Isabella azienda: ALLEVAMENTO CAVALLI DA CORSA DI VERGIANO – Soc. Agricola srl
Ass. di categoria CONFAGRICOLTURA DI FORLI’–CESENA E RIMINI
Renata Mantovani Azienda: CAD Soc. Cooperativa Sociale Onlus
Ass. di categoria LEGACOOP ROMAGNA
Elisa Maroncelli Azienda: HAPPINESS GROUP SOCIETA’ COOPERATIVA
Ass. di categoria CONFCOOPERATIVE ROMAGNA
Nel salutare le imprenditrici la Vicesindaca Chiara Bellini ha voluto leggere alcuni passaggi di una lettera aperta, scritta pensando a sua figlia, ma rivolta a tutte le donne.
“Mi rivolgo a voi oggi, in occasione della ‘giornata internazionale della donna’, ma non nascondo che mi farebbe piacere se questa lettera fosse letta anche dagli uomini. Come abbiamo visto da un recente spot televiso RAI, il World Economic Forum sostiene che le donne raggiungeranno la completa parità con gli uomini fra circa centotrenta anni. Bene, non so voi ma io non starò qui od aspettare che questo finalmente accada ma faro di tutto, come donna è come amministratrice pubblica, per accelerare questo processo, perché vorrei che mia figlia e tutte le giovani donne di oggi e di domani, possano vivere in una società equa, in cui non siano mai guardate come fanatiche ogni volta che declinano al femminile il nome del mestiere che svolgono. Pur fiera di essere donna, posso dire di aver imparato io stessa, a mie spese, cose significhi essere discriminata in quanto tale.
Una società apparentemente equa e paritaria che però non lo è, molto spesso, nella concretezza, a causa di fattori culturali, basti pensare al tema del divario salariale tra i generi, alla scarsità quando non totale assenza di presenze o ruoli femminili a tutti i livelli dirigenziali. In ogni contesto professionale dove ci sia un’organizzazione gerarchica di tipo piramidale le donne sono quasi sempre alla base della piramide e mai al vertice. Le donne, del resto, devono lavorare il doppio per essere considerate credibili e capaci. Credetemi. Noi donne l’abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, almeno una volta nella nella vita, cosa significhi essere discriminate, non prese sul serio, non considerate perché donne.
Il vero cambiamento può passare solo attraverso un cambio di mentalità che riconosca alle donne la loro dignità. Personalmente, ho scelto di dare a mia figlia un esempio di femminismo nei fatti e non solo negli ideali. Potrò non essere una brava madre ma ho scelto di essere una donna libera, indipendente, che lotta per ciò che le spetta di diritto, che si batte per dei valori, per una una società più equa e più giusta, che crede nei diritti civili e sociali delle donne e degli uomini. Questo è ciò che lascio a mia figlia.
A tutte le donne giovani, come lei, vorrei dire oggi di non farvi mai intimidire, ne influenzare sulle vostre scelte, a non credere mai a quelle persone che vi vogliono far credere che ci siano lavori ‘da uomini’ o mansioni ‘da donna’, e che si può fare tutto ciò che si vuole nella nella vita, rimboccandosi le maniche, lavorando sodo e lottando por migliorare sempre di più non solo la vostra condizione ma quella delle altre persone che ci circondano. Per garantire questo, come amministratrice, sono convinta di dover lavorare per garantire una uguaglianza di possibilità, visto che una uguaglianza di per sé stessa non potrà mai esistere.
Abbiamo un gran bisogno di ‘femminilizzare’ la politica, così come l’organizzazione delle classi dirigenti, di fatto e da sempre fortemente maschile. Se è vero che le donne hanno una predisposizione naturale alla cura, una caratteristica emersa con vantaggio di tutti durante la pandemia, quando è toccato alle donne svolgere il doppio lavoro di lavoratrici e di accudenti dei figli, genitori anziani, malati, ecc. Allora sarebbe interessante verificare se questa capacità di cura e di gestione di mansioni plurime, applicata dalle donne all'alta finanze, alle imprese e alla politica, potesse generare una società nuova, non solo più equa ma anche più efficace e fruttuosa.
Quando ho iniziato a scrivere questa lettera, settimane fa, non si parlava ancora di guerra in Ucraina e non avevo idea di quanto questo tragico avvenimento avrebbe scosso le nostre vite. Sono nel frattempo arrivate a Rimini molte donne scappate dalla guerra, con i loro figli. A queste donne voglio dare il mio più sentito benvenuto, dire loro che ci sono altre donne qui, così come uomini, che cercheranno di fare il possibile per garantire loro accoglienza e sostegno. Immagino cosa direbbero le mie nonne, se fosse ancora vive, in questo momento, loro che la guerra la videro e la subirono, più devastante che mai, loro che dovettero occuparsi di tutto mentre gli uomini erano al fronte o combattevano sulle montagne per liberare l’Italia dal nazifascismo.
Sono donna e rivendico il mio esserlo, anche e soprattutto quando svolgo un ruolo che fino a non molto tempo fe era unicamente appannaggio maschile. E se un uomo (o una donna) ride quando pretendo di essere chiamata vice-sindaca e non vice-sindaco significa che quel termine, per qualcuno, è ancora roba da uomini. Care donne, di tutte le età, non è venuto meno il tempo di rivendicare con fermezza - sebbene con grande serenità - i nostri diritti e i nostri bisogni, così come i nostri desideri in quanto donne, dalla società in cui viviamo”.