Il fatto che non ci siano stati feriti e che il pronto intervento delle forze dellordine abbia consentito di riportare tutto alla normalità nel giro di pochi minuti, non può spingerci a sminuire un episodio che dimostra come il mondo del pallone continui a dover fare i conti con gente a cui del calcio importa nulla. Ieri sera si è trattato di un gruppo di persone appositamente arrivate a Rimini con lintento di trovare lo scontro con la fazione opposta e che di entrare allo stadio non avevano (viene da dire fortunatamente) alcuna intenzione. E così chi era in fila al botteghino, tra cui diverse famiglie con bambini a seguito, hanno dovuto assistere allo spettacolo pericoloso e nauseante di bottiglie lanciate, ragazzi incappucciati e scontri tra fazioni allinsegna di chissà quale alto ideale. E paradosso, questo è avvenuto nella serata in cui, oltre alla prima squadra, si lanciava anche lattività delle squadre giovanili del Rimini, con la presentazione dei piccoli atleti che avrebbe meritato ben altra cornice. Francamente disgustoso.
Il risultato? Nessun ferito si diceva, ma i soliti danneggiamenti che la collettività dovrà ripagare, la diffusione di un senso di insicurezza per chi abita nelle vicinanze dello stadio e una nuova dimostrazione che il calcio deve fare ancora tanta strada per liberarsi dai suoi mali. Mali che ricadono poi sulle città, sulla collettività, su tutti. E chiaro come non si possa proporre una sola logica di repressione, blindando gli impianti come fossero carceri di sicurezza e imbottendo le immediate vicinanze di agenti delle forze dellordine.
Il problema è diverso e chiama in causa chi il calcio lo ama ma soprattutto chi lo gestisce, a tutti i livelli. Non è un mistero che in Italia troppe società siano influenzate, uso un eufemismo, da piccole o grandi cerchie di pseudo tifosi che, a colpi di risse, violenze, occupazione degli spazi fisici dentro e fuori gli stadi, finiscono per incidere anche sulle scelte strategiche. Rimini magari ha una situazione migliore (o meno preoccupante) rispetto alle altre ma negli ultimi mesi sono accaduti episodi che non possono essere minimizzati. Non più tardi di qualche settimana fa, nel giugno scorso, ricordo bene quelle minacce scritte sui muri rivolte agli ex soci della Rimini calcio, quando eravamo nel bel mezzo della trattativa per definire il delicato passaggio di proprietà. Parole pericolose al pari di una sfida tra fazioni, come quella avvenuta ieri sera al Neri. Per questo mi appello al presidente Fabrizio De Meis, di cui lAmministrazione ha sposato il progetto per la rinascita della prima squadra della città, affinché al percorso di ricostruzione sportiva si affianchi anche una ricostruzione culturale. Simbolicamente si tratta di scegliere tra le bottigliate tra facinorosi e i ragazzini e le loro famiglie che attendevano impazienti e pieni di entusiasmo la presentazione dellattività giovanile biancorossa. Non ci dovrebbe neanche essere una scelta. Ma se siamo qui oggi già a porre la domanda, vuol dire che la partenza non è stata proprio felice .