in modo da tutelare da una parte la sicurezza idraulica urbana e dallaltra leconomia di un territorio può rientrare tra gli interventi finanziabili prioritariamente da uno Stato alle prese con un drammatico problema di dissesto idrogeologico? La stessa domanda potrebbe avere come oggetto i disagi causati da movimenti franosi lamentati dal nostro entroterra, da San Leo alla Valconca.
La razionalità e il buonsenso risponderebbero positivamente, le ipotesi pubblicate questoggi da alcuni, informatissimi, quotidiani nazionali virano in tuttaltra direzione. Lidea centrale è a quanto pare quella di destinare una prima tranche pari a 700 milioni di euro per interventi anti dissesto concentrati in sette città metropolitane: Genova, Milano, Firenze, Roma, Torino, Bologna, Cagliari. Una cifra ancora da reperire in buona parte ma già impegnata, a quanto pare, e sulla quale, nel merito, ci sarebbe poco da discutere, se non fosse per la filosofia che la sostiene. E una logica che tende a mettere in secondo piano le aree cosiddette periferiche a favore di quelle ad alta concentrazione demografica, già favorite con piani finanziari speciali e straordinari in numerose altre occasioni. Il tema del rischio idrogeologico meriterebbe però un approccio più articolato, che quantomeno considerasse complessivamente un problema in cui i cattivi comportamenti o i mancati interventi a monte sono le cause principali dei danni subiti a valle. E non è una semplice questione di collina o di costa; quando si progetta di contenere la furia dei fiumi che ora devastano città e popolazioni attraverso un sistema di vasche di laminazione non si dice forse che interventi di riqualificazione della rete fognaria come quelli in corso a Rimini sono prioritari? Certo, il Governo italiano sta bussando alle porte dellEuropa per un ambizioso piano nazionale anti dissesto del valore di oltre 7 miliardi di euro. Ma in attesa di avere certezze sulla copertura, lo stralcio iniziale tocca alle grandi città, con la provincia ancora una volta relegata in sala daspetto. Eppure la soluzione per il breve e medio periodo, aspettando le risorse finanziarie, potrebbe essere di natura normativa: basterebbe allentare temporaneamente il patto di stabilità per i Comuni che attuano lavori dichiaratamente destinati a ridurre il rischio idrogeologico e idraulico. Rimini, con il suo PSBO, potrebbe avere un beneficio milionario, così come i Comuni del territorio riminese che, alle prese con problemi di questa natura, anche con il Piano dambito integrato stanno destinando a questo urgente scopo le loro risorse. Non vogliamo essere vittime del paradosso per cui chi ha cominciato prima; chi ha investito di proprio tre, quattro, cinque anni fa; chi ha già cantierato il 35% di un piano dal costo di oltre 150 milioni di euro; sia oggi posposto e penalizzato a favore di altri, davanti a quello, ormai è palese, è una vera e propria emergenza nazionale e non un problema squisitamente locale..