La Notte Rosa rappresentò proprio questo: la piattaforma entro cui protagonismo diffuso, grande musica e grande spettacolo, offerta turistica condividevano la medesima traiettoria. Il turismo è lunica industria che non esporta prodotti ma importa consumatori. Per farlo migliora lhardware delle città e, allo stesso tempo con uguale determinazione, investe sul software, vale a dire sulla produzione di beni immateriali capaci di offrire emozioni. La Notte Rosa è stato ed è tutto questo, macinando milioni di presenze, migliaia di posti di lavoro e, in 10 anni, un ritorno economico diretto e indotto che cè chi ha quantificato in un miliardo di euro. Pleonastico ribadire come, a distanza di anni che sembrano quasi ere geologiche, un appuntamento di tali dimensioni e ambizioni sia ormai rimasto il solo in piedi nel Paese squassato dalla crisi. Una piattaforma di emozioni, una vittoria di tutta la comunità riminese e romagnola, che racconta allEuropa la migliore immagine del Paese. Ma che non può stare ferma e ha sempre lesigenza di innovare, rilanciare.
Io credo che la Notte Rosa sia pronta per un nuovo salto di dimensione, per trasformarsi nel vero progetto di rilancio della fascia costiera adriatica, abbattendo confini amministrativi che, troppo spesso, sono barriere di carta, superate dalla realtà (e dal realismo) dei fatti. Nelle scorse settimane ne ho parlato con il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, con lassessore al Turismo della Regione Emilia Romagna, Andrea Corsini e con lUnione di Costa. Il progetto di estendere la Notte Rosa a Gradara, Gabicce e Pesaro è fattibile e percorribile, magari sperimentalmente nel 2015 per poi consolidarsi lanno prossimo. Abbiamo davanti questa possibilità: rimarcare la centralità di territori omogenei, dalla fortissima vocazione allaccoglienza, che già collaborano su programmi turistici e culturali di eccellenza (penso alle Terre di Piero della Francesca), attraverso la condivisione degli obiettivi di quello che, senza dubbio, è il punto più alto e spettacolare dellestate italiana.
Qui non si tratta più di curare il proprio orticello, ma semmai di allargarlo fino a farlo crescere e diventare foresta.