Un ritratto ferocemente grottesco della televisione italiana ma anche una riflessione amara sulla vecchiaia; terzultima pellicola di Fellini, che riconvoca in fase di scrittura gli amici Tullio Pinelli e Tonino Guerra e affianca al suo alter ego Marcello Mastroianni la moglie Giulietta Masina.
A parlare di questo film, un esperto non accademico di comunicazione e media, Gianluca Nicoletti, scrittore, giornalista de La stampa, nota e pungente voce della radio italiana, autore e conduttore di programma cult come Golem e Melog Cronache meridiane. Tra le sue pubblicazioni: Ectoplasmi, Golem, Perché la tecnologia ci rende umani, Amen, Le vostre miserie, il mio splendore, Una notte ho sognato che parlavi, Alla fine qualcosa ci inventeremo.
Ginger e Fred è, fra tutti i miei film, quello che più si avvicina a La dolce vita. Come via Veneto, lo studio televisivo diventa il luogo che condensa, rappresenta, contiene, che consente il tentativo di mettere a fuoco ritmi, personaggi, orrori, vanità delle vanità di cui facciamo parte, della giostra italiana. Da sempre avevo voglia di ricreare quel tipo di spettacolo televisivo che immobilizza tutto il paese o forse tutto il mondo, quella gara atroce a portare davanti alle telecamere (in diretta, dicono i presentatori, fieri e intrepidi come se dicessero in trincea) il patologico, l'infelice, il sofferente, con l'ipocrisia sentimentale del dovere dell'informazione (Federico Fellini)
"Il senso stoico di Ginger e Fred è che forse non c'è niente da capire, bisogna solo vivere. Bisogna imparare a galleggiare come faceva Marcello in La Dolce vita; anche se le acque pian piano diventano quelle dello Stige come nel progettato e mail realizzato Il viaggio di G. Mastorna; anche se al giorno d'oggi si ha l'impressione di galleggiare su un mare inquinato come Ginger e Fred. (Tullio Kezich)