Le opere di Ferroni presenti nella mostra risalgono agli anni '50, ma sono state ristampate negli anni '80, quando il fotografo riprese, dopo un lungo periodo di abbandono, a fotografare e stampare in camera oscura. Egli annotava, con cura maniacale (ben sappiamo come il garage-laboratorio del fotografo non lasciasse spazio al caso), tutti i dati di stampa, cosicché ebbe modo di ricreare perfettamente gli stessi toni e lo stesso contrasto, riportando in vita l'anima di fotografie stampate trent'anni prima.
Gambelli, che muove i primi passi insieme all'amico Mario Giacomelli, presenta uno stile più descrittivo - e dai temi ricorrenti: marine, paesaggi, still-life, ritratti... - fortemente influenzato dal mentore Cavalli, che aveva l'ultima parola sugli ingrandimenti delle stampe e persino sui titoli delle opere (all'epoca molto importanti, poiché costituivano il biglietto da visita per la presentazione delle opere ai concorsi fotografici). Gambelli si concentra su Senigallia, che conosce in lungo e in largo, lavorando come fattorino telegrafico delle Poste, città a cui spesso si sovrappone una nuova visione idealizzata, dettata dalla forte sensibilità e dalla volontà del fotografo di trasfigurare il reale. Se Giacomelli sperimenterà una sorta di neo-pittoricismo fotografico, arrivando quasi ad eliminare in stampa i mezzi toni e creando così fotografie dai forti contrasti e dalla forte matrice grafica, Gambelli privilegerà una fotografia più discreta, in cui la tecnica dell'high-key contribuisce a renderla impalpabile, trasognante.
A nostro avviso, il nocciolo della questione e il punto focale della mostra riminese è capire come queste fotografie riescano, tramite un candido nitore, ad esprimere significati esistenziali ed universali. Il primo indiziato potrebbe essere l'attenzione formale con cui i fotografi ricreano, tramite infinitesimali variazioni di tono, tutte le sfumature del reale: influenzati da Cavalli, i due artisti alleggeriscono il peso delle ombre, ammorbidiscono i contrasti, giungendo così ad una poetica dei toni grigi. Una fotografia pura, eterea. Un approccio che, insieme a un'inclinazione dello spirito riservata e schiva, li spingerà ad evitare immagini d'effetto: i due fotografi privilegiano senza dubbio la riflessione piuttosto che la foto rubata, à la sauvette, fotografando solamente soggetti a portata di mano, per poterli analizzare con calma, in differenti condizioni di luce.
Una questione irrisolta quindi, che v'invitiamo a cercare di decifrare, guidati dalle fotografie tenui ed intimiste qui riproposte, opere che non mancheranno di ammaliare chi non si fa influenzare da facili sensazionalismi o da mode superficiali, ma che si fa invece guidare dalla propria sensibilità in un'osservazione profonda e riflessiva di ciò che ci sta intorno - ma che troppo spesso ci è invisibile.
Marcello Sparaventi
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