L’assessore Morolli: “Speriamo sia il primo passo verso una riapertura progressiva di tutte le scuole: non si può prescindere dalla didattica in presenza”.
Sono oltre 11mila gli studenti riminesi che da mercoledì 7 aprile torneranno in aula. Come disposto dal provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri, dalla prossima settimana anche nei territori in “zona rossa” le scuole riapriranno le porte per i bambini degli asili, delle primarie e della prima media. L’Amministrazione comunale già da tempo ha organizzato tutte le attività necessarie per consentire un rientro in classe in piena sicurezza: nella giornata di martedì si procederà alla sanificazione di tutti i locali, mentre sono già state definite le modalità di organizzazione del personale dei nidi e delle scuole comunali e, per le scuole statali dell’assistenza agli alunni disabili, della refezione e del trasporto scolastico.
“Ci auguriamo che si tratti solo del primo step di una riapertura che progressivamente possa interessare anche le rimanenti classi medie e le scuole superiori nella loro totalità – è la dichiarazione dell’assessore alle politiche educative Mattia Morolli - e soprattutto che possa essere definitiva. Pur condividendo le ragioni sanitarie ed emergenziali che hanno motivato le scelte sofferte del Governo e della Regione, siamo fermamente convinti che non ci sia davvero scuola senza la presenza fisica. La didattica a distanza è un surrogato, una soluzione che può essere temporanea o al massimo integrativa nell’ambito di un processo formativo ed educativo che non può prescindere dalla relazione e dalla socializzazione. È nella relazione che si possono riconoscere le proprie potenzialità ed i propri limiti, che si sperimenta la mediazione, la capacità di ascolto, l’empatia, che si scopre il valore dell’agire insieme, dell’essere parte di una comunità dove l’aiuto reciproco diventa prassi.
Siamo consapevoli che l’Italia, l’Europa, il mondo si siano trovati a gestire la straordinarietà di un’emergenza mai affrontata prima, ma in questi mesi di pandemia troppe sono state le incertezze e le titubanze sulla scuola, messa colpevolmente in secondo piano quando invece rappresenta una priorità di ogni Stato democratico che voglia investire sul proprio futuro”.