Ci sono almeno tre ordini di motivi a mio parere incontestabili per cui il Rimini deve essere riammesso in serie C: uno giuridico, uno economico e uno squisitamente sportivo.
1. Partiamo dall’aspetto giuridico: la decisione presa ieri dal Consiglio Federale della Figc si poggia sulle opportunità del DL Rilancio che ha consentito alle Federazioni di adottare, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo, i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione dei campionati. In pratica l’articolo 18 del DL dà ampi poteri e velocità di azione alla Federazione, come mai successo prima: peccato che questo Decreto non sia ancora stato convertito in Legge. Un cavillo, si dirà, ma non è così, perché in fase di conversione spesse volte intervengono modifiche, anche sostanziali.
E allora perché non proporre un emendamento al Decreto che chiarisca, ad esempio, che il prerequisito essenziale per procedere alla definizione delle classifiche sia la verifica del rispetto dei pagamenti e dei versamenti. Aspetto, per altro, che dovrebbe essere scontato, ma che invece ad oggi è considerato accessorio: evidentemente il principio di un bilancio sano non rientra nell’algoritmo della Federazione. Chiediamo al Governo, al Ministro Spatafora che si ponga finalmente un correttivo ad un’abnorme anomalia italiana.
2. E qui si lega la seconda ragione per cui il Rimini deve essere riammesso in serie C. La Rimini calcio è una società economicamente sana, che nonostante le difficoltà ha sempre rispettato termini di pagamento, iscrizioni, ha tutelato il vivaio e il settore giovanile, non è andato avanti per espedienti. E invece oggi si ritroverà a pagare anche per quelle società che invece navigano a vista, che sopravvivono in barba alle regole e a spese anche di chi invece “gioca” correttamente anche fuori dal campo.
3. Il terzo motivo, palese, è squisitamente sportivo (per quanto ancora questo aggettivo abbia un senso). Ieri a tavolino si sono riscritte le regole del gioco in corsa, tradendo ogni principio alla base della pratica agonistica di ogni livello. Si è presa una decisione brandendo un regolamento che nella pratica si è disatteso. Gli sportivi conoscono bene l’assurdità della situazione: il Rimini chiude la classifica a pari punti con il Fano, con la stessa differenza reti, con lo scontro diretto finito 0-0 in casa del Fano e senza aver potuto disputare il ritorno al Neri e paga perché la formazione marchigiana ha una vittoria in più dei biancorossi (che comunque hanno subito due sconfitte in meno). Il tutto con undici partite – e quindi 33 punti – sulla carta da disputare e soprattutto a fronte di altre decisioni non coerenti con quanto deciso per il Rimini. Non c’è nulla di riconducibile allo sport, al merito, in questa decisione. Ed allora non si può che comprendere l’avvilimento, le parole strozzate e la commozione del presidente Giorgio Grassi quando ieri ha annunciato di lasciare la guida della società, dopo questo schiaffo morale a fronte di indiscutibili sacrifici, anche personali.
Per queste tre ragioni il Comune sarà al fianco della società nel ricorso al Collegio di garanzia dello Sport del CONI ed eventualmente al Tar e al Collegio di Stato. Il Rimini non deve essere “ripescato”, il Rimini deve essere semplicemente rimesso al posto che gli spetta.