Per Rimini doveva essere la stagione record: alpini, musei Part e Fellini, Giro d’Italia, 6 chilometri di Parco del mare aperti prima dell’avvio della stagione. Ci è piovuto addosso un meteorite, una cosa mai vista prima, e non è colpa di alcuno. I dati turistici dei primi 4 mesi dell’anno, un terzo del 2020, dimostrano purtroppo e meglio di ogni altro discorso il tema e il problema che riguarda la nostra provincia e tutte le città italiane ad alta intensità turistica.
In Emilia Romagna, a Rimini, abbiamo cercato e cerchiamo tutti di dare risposte rapide perché, in questo momento, il tempo è un fattore di esponenziale importanza nella ripartenza. Lo facciamo anche nell’incertezza di quanto, nella concretezza, dovrebbe arrivare e ancora non è arrivato da Roma: cassa integrazione, credito per consorzi fidi, risposte sui pertinenziali. Volontà e velocità però non devono farci dimenticare che in questo momento si gioca una partita altrettanto importante: il futuro che si vuole dare a Rimini, alla provincia di Rimini, all’Emilia Romagna passa anche da scelte strategiche sui vettori dello sviluppo. Rimini ha già in essere una riqualificazione e innovazione strutturale, orientata verso una nuova sostenibilità, rinaturalizzazione, spazi aperti, piazze ampie della cultura e delle relazioni, che anticipano le esigenze e le istanze messe in rilievo proprio dal COVID. Ma dobbiamo guardare anche oltre quello che accade dentro i nostri confini. Il fare impresa, il turismo, richiedono programmazione e un’analisi reale delle vocazioni delle aree. Su Fiere, su aeroporti, su sanità occorre una strategia netta, chiara, leggibile perché non basta appellarsi alla ‘autoregolamentazione’ e alla buona volontà dei territori. Non possiamo né permetterci di sbagliare né permetterci di lasciare fare.
So che il presidente Bonaccini e la Regione sono molto sensibili e stanno lavorando su questo tema, perché una politica di finanziamenti a pioggia senza obiettivi strutturali ha raggio temporale limitato. Bisogna che al più presto si metta mano alla strategia complessiva per l’Emilia Romagna e per la dorsale adriatica della regione. Dobbiamo farlo ora, perché è da come verremo fuori da questa crisi epocale che si determinerà il futuro del nostro territorio. L’ordinaria manutenzione, l’estemporaneità delle azioni, il ‘richiamo della foresta’ dei vecchi riti e delle vecchie rivalità. Occorre una programmazione di sistema sui componenti strutturali, con un ruolo del privato diverso e integrato ma chiaro e robusto per stare sul mercato. Una programmazione che guarda scenari reali dei mercati nazionali e internazionali, fortemente innervata da innovazione e servizi moderni. E non spinte territoriali locali che hanno efficacia limitatissima, se non addirittura nulla.